sabato 3 dicembre 2016

GEOTERMIA: OSSERVAZIONI COMUNE ACQUAPENDENTE AL MISE







Osservazioni Comune Acquapendente impianto pilota geotermico Torre Alfina 23 settembre 2016


OSSERVAZIONI

AI SENSI ART.24 (CONSULTAZIONE) DEL D.LGS. 152/2006 E SS. MM. II.ALL’ IMPIANTO PILOTA GEOTERMICO DENOMINATO TORRE ALFINACOMUNE DI ACQUAPENDENTE (VT), PROVINCIA DI VITERBOA SEGUITO DI RIPUBBLICAZIONE DOCUMENTAZIONE INTEGRATIVAAVVENUTA IN DATA 25.07.2016CON TERMINE PRESENTAZIONE OSSERVAZIONI DEL PUBBLICODEL 24.09.2016

Premessa
1.Con nota del 18.05.2016 il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (MATTM) ha inviato alla società istante ITW-LKW Geotermia Italia S.p.A. richiesta di integrazioni al progetto de quo, richiedendo adeguata risposta ad integrazioni tecniche contenute nella stessa nota, nonché risposta alle osservazioni presentate dalle amministrazioni comunali ed associazioni ambientaliste.




2. La società ITW-LKW Geotermia Italia S.p.A. ha fornito dette risposte in data 25.07.2016, data in cui è stata fatta la ripubblicazione di tali atti per permettere la espressione di osservazioni del pubblico che devono pervenire entro il termine del 24.09.2016.


3. Ai sensi del comma 9-bis dell’articolo 24 del D.Lgs.152/2006 e ss. mm. ii. Il Comune di Acquapendente intende presentare le sue osservazioni, anche fornendo nuovi o ulteriori elementi conoscitivi e valutativi in merito ai documenti di cui alla suddetta ripubblicazione.
Osservazioni
Si avanzano perciò le seguenti Osservazioni:
Osservazione n. 1: relativamente alla Osservazione del Comune di Acquapendente, inviata in data 18.10.2015, sulla “sismicità indotta”, la ITW-LKW Geotermia Italia S.p.A. si è limitata a riportare le già note conclusioni dell’allegato G del SIA.
Osservazione n. 2: relativamente alla Osservazione del Comune di Acquapendente, inviata in data 18.10.2015, sulla permeabilità, la ITW-LKW Geotermia Italia S.p.A. si è limitata a riportare le già note conclusioni dell’allegato G del SIA.
Osservazione n. 3: relativamente alla Osservazione del Comune di Acquapendente, inviata in data 18.10.2015, sull’inquinamento della falda superficiale, la ITW-LKW Geotermia Italia S.p.A. si è limitata a riportare quanto già scritto nel “Progetto definitivo” e nello SIA.
Osservazione n. 4: relativamente alla Osservazione del Comune di Acquapendente, inviata in data 18.10.2015, sulla interferenza con l’impianto di Castel Giorgio e con le attività presenti, la ITW-LKW Geotermia Italia S.p.A ha risposto con motivazioni risibili basate su c.d. “presunzioni ragionevoli” non argomentate.
Osservazione n. 5: relativamente alla Osservazione del Comune di Acquapendente, inviata in data 18.10.2015, sulla incompatibilità con i vincoli presenti nell’area, la ITW-LKW Geotermia Italia S.p.A. si è limitata a riportare quanto già scritto nello SIA.


Osservazione n. 6: Posizioni amministrative assunte dal comune di Acquapendente che deve ospitare l’impianto pilota geotermico di Torre Alfina; posizioni amministrative assunte da 25 comuni sia laziali che umbri del circondario; documento approvato dal Consiglio Regionale dell’Umbria circa gli impianti geotermici pilota della piana dell’Alfina nella seduta del 22.03.2016; Risoluzione della VI Commissione Consiliare permanente “ambiente, lavori pubblici, mobilità, politiche della casa e urbanistica” della Regione Lazio approvata all’unanimità il 22.09.2016.

Osservazione n. 1: relativamente alla Osservazione del Comune di Acquapendente, inviata in data 18.10.2015, sulla “sismicità indotta”, la ITW-LKW Geotermia Italia S.p.A. si è limitata a riportare le già note conclusioni dell’allegato G del SIA.
Secondo la ITW “la reiniezione di fluido è pratica corrente in tutti i moltissimi campi geotermici in esercizio nel mondo. Le aree interessate sono tutte sismicamente attive”.
Vero, ma ci sono aree più attive sismicamente di altre. L’impianto denominato Torre Alfina si colloca su un’area a maggior frequenza di comparsa di eventi sismici, tra tutte le aree suscettibili di sfruttamento geotermico, perché sono presenti strutture sismotettonicamente attive, in grado di generare autonomamente eventi sismici significativi, in un area caratterizzata da patrimonio edilizio molto vulnerabile. Qui basti ricordare i terremoti del 1957(Ms=4,93) e, il più recente, del 31 maggio 2016 (Ms=4,1), che hanno provocato gravi danni.
E che l’area dell’Alfina sia un’area, per le sue conformazioni geologiche, a maggior frequenza di comparsa di eventi sismici, è confermato anche dalla relazione geologica, a firma del Prof. Gianluca Vignaroli et al. (altri sei) dal Titolo: “Structural compartmentalisation of a geothermal system, the Torre Alfina field (central Italy)” pubblicata sulla rivista scientifica specializzata “Tectonophysics” 608 (2013), presentata in data 26/07/2016, dalla stessa società proponente ITW-LKW Geotermia Italia S.p.A.
Il lavoro degli illustri cattedratici, che ha un notevole spessore scientifico e si avvale di una ricerca dettagliata e minuziosa fatta sul campo con un notevole contributo di dati originali, dà ampio spazio alla sismicità della zona e a pg. 485, nei Lineamenti Geologici della Zona (#2) viene mostrata, in fig. 2°, la distribuzione dei terremoti nella zona. Lo studio evidenzia come tutta l’area sia ad alta sismicità e alto rischio sismico. (Peraltro, le rocce carbonatiche interessate dallo sfruttamento geotermico fanno parte geologicamente e tettonicamente della stessa struttura appenninica dove si è verificato il 24/8/ u.s. e seguenti il catastrofico sisma di Amatrice-Monti Sibillini, da cui è separata dalla depressione tettonica dove scorre il fiume Tevere. In linea d’aria dista meno di 100 km).
Per quanto concerne, poi, la sismicità indotta, la società proponente sostiene come questa: “è rimasta sempre a livelli lontanissimi da quelli pericolosi e rilevabile solo per via strumentale”.
Anche in questo caso l’affermazione risulta sorprendente. Infatti è quasi un secolo che si è a conoscenza che il pompaggio, oppure l’estrazione, di fluidi dall’interno della crosta terrestre può generare eventi sismici avvertiti dalle popolazioni (Pratt and Johnson, 1926).
Che nella zona dell’Alfina gli impianti geotermici abbiano provocato eventi sismici è stato ampliamente e scientificamente documentato dagli studi Batini (1980) e Moia (2008).
È appena il caso di ricordare come in detti studi venga evidenziato come i terremoti si manifestano con volumi iniettati poco superiori a 100 m3/h, e cessano quasi immediatamente non appena termina il processo di iniezione. Più specifico è Batini che stima la soglia di100 m3/h come limite inferiore per innescare fenomenologie sismiche. Ebbene la società proponente intende operare con una portata di circa 1000 m3/h) che, secondo i dati scientifici disponibili, è più che sufficiente ad innescare fenomeni sismici.
Nel 2013, poi, l’Accademia Nazionale delle Science ed Accademia Nazionale dell’Ingegneria degli Stati Uniti hanno condotto uno studio (avvalendosi della collaborazione di: Committee on Induced Seismicity Potential in Energy Technologies, Committee on Earth Resources, Committee on Geological and Geotechnical Engineering, Committee on Seismology and Geodynamics, Board on Earth Sciences and Resources, Division on Earth and Life Studies) secondo cui gli eventi sismici sono generalmente associati a quattro tecnologie di sviluppo energetico e che coinvolgono prelievo oppure reiniezione di fluidi: geotermia, estrazione di idrocarburi (petrolio/gas) sia di tipo convenzionale che avanzato (EOR), sfruttamento di shale gas, cattura e stoccaggio di CO2.
Dallo studio si evince anche che, se nell’area oggetto di prelievo o reiniezione di fluidi sono preesistenti condizioni di stress o elevate pressioni interstiziali, allora possono verificarsi terremoti con intensità capace di provocare potenziali danni (National Academy of Sciences, 2013).
Con riferimento specifico, poi, alla sismicità indotta da cicli binari, il rapporto della National Academy of Sciences (2013) evidenzia che le modifiche degli stress nel sottosuolo potrebbero risultare contenute, e quindi creare una sismicità ridotta, nelle condizioni in cui tra area di prelievo e pozzi di reimmissione si abbia continuità idraulica.


Ma che nell’area non vi sia continuità idraulica è confermato, ancora una volta, proprio dalla relazione geologica già citata, a firma del Prof. Gianluca Vignaroli et al. presentata, in data 26/07/2016, dalla stessa società proponente ITW-LKW Geotermia Italia S.p.A.
Nella relazione geologica citata, infatti, si dichiara (pag.482): “post-orogenic deformation structures controlling the compartmentalisation of the Torre Alfina geothermal field. Strike-slip and subordinate normal fault systems (with associated network fractures) cut and dislocate the internal architecture of the reservoir and prevent its hydraulic connection …".
Traduzione: le strutture di deformazione post-orogenetica dividono il campo geotermico di Torre Alfina in compartimenti. I sistemi di faglie parallele e subordinate faglie normali (con le annesse reti di fratture) tagliano e slegano la struttura interna del serbatoio ed impediscono la sua continuità idraulica…”.
Dunque, secondo gli studi scientifici oggi disponibili (Batini, 1980; Moia 2008; National Academy of Sciences, 2013) l’area dell’Alfina, proprio perché area “ad alta sismicità e alto rischio sismico e perché tra l’area di prelievo e pozzi di reimmissione non vi è continuità idraulica (relazione geologica, a firma del Prof. Gianluca Vignaroli 2006), presenta un’elevata possibilità a che gli impianti geotermici causino terremoti con intensità tale da provocare danni.
Pertanto, proprio in base a quanto evidenziato non possiamo non aderire, in ordine alla sismicità indotta, alle conclusioni già espresseÈ legittimo credere che pompando grandi quantità di fluidi da uno dei compartimenti e re-iniettandoli in un altro senza continuità idraulica, creando una depressione in uno ed una alta pressione nell’altro, si favoriscano i movimenti delle faglie innescando e favorendo i terremoti.
Osservazione n. 2: relativamente alla Osservazione del Comune di Acquapendente, inviata in data 18.10.2015, sulla permeabilità, la ITW-LKW Geotermia Italia S.p.A. si è limitata a riportare le già note conclusioni dell’allegato G del SIA
La società proponente, quindi, osserva che “la geotermia come pratica industriale non può che interessare serbatoi caratterizzati da alta permeabilità della formazione fratturata…i pozzi A4 e A14, così come altri perforati nell’area del progetto Torre Alfina, interessano zone di altissima permeabilità del serbatoio”.
Tale affermazione, così sicura e perentoria, circa la altissima permeabilità dei pozzi, è diametralmente contraria a quanto accertato in passato nell’area. Infatti, il già citato studio Moia (2008), riporta come, in passato, “l’area di Torre Alfina venne smantellata in quanto il campo geotermico non si rivelò idoneo per lo sfruttamento principalmente a causa della scarsa permeabilità delle rocce profonde malgrado la presenza di alte temperature”.
Non solo, ma gli stessi uffici tecnici della Regione Umbria (ing. Viterbo), in relazione al vicino impianto pilota geotermico di Castel Giorgio che – data la vicinanza – insiste sullo stesso campo geotermico di Torre Alfina, con nota del 25.08.2015 (anche agli atti della Conferenza di servizi presso il MISE) sostiene che “considerata la possibile variazione della permeabilità del serbatoio, che potrebbe essere anche considerevolmente inferiore (!!!), sia a scala di singolo pozzo sia per l’insieme dell’acquifero geotermico, rispetto ai valori presupposti preliminarmente e tenuto conto che i valori reali di permeabilità in pozzo e dell’insieme del serbatoio sono elementi fondamentali, per determinare le modalità per l’utilizzo dei fluidi geotermici, sia in riferimento alla produttività sia ai possibili conseguenti effetti ambientali…”
L’ing. Angelo Viterbo dice che i dati di “permeabilità” sono probabilmente inferiori a quelli presentati nel modello (nelle relazioni dei comuni e delle associazioni ambientaliste è stato sempre sostenuto questo, evidenziando come nel campo geotermico in oggetto insistono ben quattro falde sovrapposte della serie toscana) e, siccome tali dati non consentono una progettazione esecutiva affidabile, oltreché generare effetti ambientali (es. terremoti!), ritiene indispensabile che la progettazione esecutiva debba essere eseguita solo dopo l’esecuzione di pozzo di sperimentazione.
Inutile dire che tale posizione appare alquanto discutibile. Un progetto deve essere approvato in base ai documenti presentati e non in base ad una promessa di nuova progettazione, in un settore così delicato e senza sapere cosa potrà accadere. Se è vero che i dati sono sbagliati e la progettazione è sbagliata, il progetto deve essere rigettato. Non ci sono alternative a questo.


A proposito di “permeabilità” ricordiamo che gli impianti binari utilizzano l’acqua come mezzo di trasporto del calore dal campo geotermico in superficie e necessitano di una quantità di acqua molto grande che deve essere circolata nel sistema (cioè estratta e re-iniettata). Vi deve quindi essere una permeabilità sufficiente a permettere questa circolazione senza eccessive perdite di carico, in quanto la depressione (e la compressione) che si genera per pompare (e re-iniettare) l’acqua in superficie (e in profondità) devono poter essere molto piccole, in caso contrario in fluidi geotermici saturi in gas, come in genere dappertutto in Italia centrale, si può verificare che questi escano dalla soluzione formando una fase gassosa, in genere ricca di inquinanti (arsenico, mercurio, ammoniaca, H2S, metano, ecc.). Questi gas possono poi risalire anche indipendentemente dai pozzi di estrazione in superficie, inquinando gli acquiferi. Inoltre, quando i fluidi sono salini, la diminuzione di temperatura genera la precipitazione dei solidi che devono essere ridisciolti immettendo solventi o raccolti e portati in discariche di rifiuti speciali.
Sul tema del possibile risalita verso l’ambiente esterno dei gas incondensabili nella tecnologia binaria si riporta una posizione pubblica dell’ENEL del 17.08.2016 (link: http://www.gonews.it/2016/08/17/enel-risponde-alle-critiche-bagnore-4-ha-le-migliori-tecnologie-possibili/) che rispondendo alle critiche dei comitati anti-geotermia verso la tecnologia “flash” usata negli impianti geotermici dell’Amiata (ed in particolare nell’impianto di Bagnore 4) sostiene:


“Sull’argomento appare necessario confermare che il dato oggettivo è che l’impianto di Bagnore 4 utilizza le migliori tecnologie disponibili per il tipo di fluido presente nel serbatoio geotermico di Bagnore. La geotermia toscana, infatti, è caratterizzata da fluidi geotermici con elevata percentuale di gas che impediscono l’applicazione del ciclo a reiniezione totale del gas. Questa affermazione è suffragata dal fatto che non esistono nel mondo impianti a reiniezione totale che utilizzino fluidi con percentuali di gas maggiore dell’1%…Peraltro, la reiniezione totale trova i suoi limiti non nell’impiantistica di superficie (cioè il tipo di centrale), ma nella conformazione del serbatoio minerario (quanto si trova nel sottosuolo)”. Ed ancora: “Sull’argomento della reiniezione totale sono stati poi elaborati vari studi accademici che teorizzano questa possibilità, ma si tratta di studi puramente teorici (a cui peraltro la stessa Enel Green Power, tra i leader anche nella ricerca nel settore geotermico, ha partecipato con propri tecnici) che non sono supportati da esempi di successo di applicazione pratica, nel caso di fluidi con elevato tenore di gas, in quanto partono da ipotesi scientifiche non provate sulla modellazione del serbatoio. È noto agli esperti che l’unica prova pratica di reiniezione totale di gas con queste caratteristiche, fatta dalla Marina Militare negli Stati

Uniti, nella concessione geotermica di Coso, fallì dopo poche settimane di esercizio”.

Altra criticità sta nel fatto che sia la diminuzione che l’aumento della pressione genera sismicità indotta che deve essere mantenuta ben al di sotto della sensibilità umana (quindi sempre inferiore a M = 2). Ovviamente depressioni in estrazione o sovrappressioni in re-iniezione possono alterare significativamente il flusso sotterraneo ed interagire negativamente con faglie “criticamente stressate”.
Infine, l’acqua fredda re-iniettata, essendo appunto fredda, non va direttamente a rimpiazzare l’acqua calda pompata ma scende in profondità, mentre altra acqua calda risale dalla profondità verso i pozzi di produzione; questo ciclo può creare disequilibri chimici con reazioni acqua-roccia che dovrebbero essere ben conosciute prima, per poter verificare gli impatti che ne derivano.
In pratica, se vi fosse alta permeabilità in rocce non particolarmente reattive con un fluido geotermico che non contenesse solidi disciolti né gas, in aree non sismiche, il ciclo binario, ma anche il ciclo flash, sarebbero in teoria meno invasivi, quindi il problema della permeabilità è problema fondamentale, con cui si è scontrata del resto, per esempio, ENEL quando ha dovuto rinunciare a sfruttare i pozzi dell’Alfina negli anni 1970-1980!


Osservazione n. 3: relativamente alla Osservazione del Comune di Acquapendente, inviata in data 18.10.2015, sull’inquinamento della falda superficiale, la ITW-LKW Geotermia Italia S.p.A. si è limitata a riportare quanto già scritto nel “Progetto definitivo” e nello SIA.



A questa Osservazione la società proponente, in maniera sorprendente, scrive: “Ai fini di valutazione dell’ipotetico rischio che l’attività in progetto implica per le falde sono stati presi in esame i risultati dell’analisi riportata nella Relazione Idrogeologica (Allegato 2 al Progetto Definitivo e i monitoraggi delle emissioni gassose per caratterizzare la copertura del serbatoio che sono stati eseguiti dall’INGV nel 2011 e 2013”.
In maniera sorprendente perché i dati scientifici dell’INGV, concernenti tre studi fondamentali per valutare la pericolosità del progetto (sulla sismicità, sul monitoraggio geochimico e sismico e sul monitoraggio CO2), predisposti dalla dott.ssa Maria Luisa Carapezza – funzionario dell’ente pubblico INGV, nonché consorte del prof. Franco Barberi, progettista per la società ITW & LKW Geotermia Italia S.p.A di quegli stessi impianti pilota geotermici- si presentavano, secondo la Relazione predisposta in data 13.11.2015 dalla Dr. Fedora Quattrocchi dell’INGV (Dirigente. Ric. Tecnologo Linea Energia e Georisorse-Sezione RM1 Sismologia e Tettonofisica INGV) su incarico del Comune di Acquapendente:

  • Carenti: così carenti da essere ritenuti, dalla prof.ssa Fedora Quattrocchi, una “truffa ai danni dei committenti ed indirettamente allo Stato come INGV” per i seguenti motivi:
               - dati incompleti secondo gli standard internazionali e INGV;

               - misure essenziali mal rilevate o non fatte;

               - insufficienza dei dati raccolti;


               - pericolosità di incidenti mortali per uomini ed animali sottaciute;



               - pericolosità non rilevate per abitazioni e ambienti.



  • Parziali. Infatti, non solo i dati scientifici presentano le carenze sopra rilevate dalla Prof. Quattrocchi ma, alcune informazioni, anche queste fondamentali per una corretta valutazione dei rischi, contenute nella relazione consegnata alla società ITW & LKW Geotermia Italia S.p.A. scompaiono nella relazione, sempre a firma Carapezza e su carta INGV presentata dalla stessa società come allegato G del SIA (Studio di Impatto Ambientale) e consegnata al MATTM per la procedura di valutazione di Impatto Ambientale.


Per capire la gravità della carenza concernente i tre studi fondamentali per valutare la pericolosità del progetto, si riportano alcuni stralci della Relazione predisposta dalla prof. Fedora Quattrocchi:
“ravvedo le seguenti irrimediabili debolezze strutturali del documento, anche considerando il tipo di area in studio ed elementi di rischio di degassamento e blow out testimoniati scientificamente in letteratura (Ferrara & Stefani, 1978*), peraltro paradossalmente non citati dal suddetto documento firmato dalla dr.ssa Maria Luisa Carapezza”:
♦ “il metodo geochimico utilizzato sul campo è del tutto insufficiente scientificamente: son stati misurati SOLO flussi di CO2 senza misurare flussi di metano, concentrazioni di CO2, di elio, di radon, di metano, di idrogeno, di idrogeno solforato (altamente tossico: H2S e noto essere presente nel sottosuolo), di azoto, di ossigeno, di idrocarburi leggeri etc. e senza fare uno studio dei medesimi gas disciolti, nei relativi acquiferi superficiali dove il geo-gas in arrivo verso il suolo viene “tamponato”. Tale modus operandi non risponde allo stato dell’arte né di INGV né tantomeno della letteratura vigente. D’altra parte la West System s.r.l. di Pontedera – ditta usata costantemente e “storicamente” dagli autori – fa strumenti che misurano il flusso di CO2 ma anche flusso di metano, paradossalmente non misurato in questo caso. Le analisi multi-parametriche di flusso ma soprattutto di concentrazione dei geo-gas, assenti nel suddetto studio, sono peraltro indispensabili ai fini di interpretazioni spazio-temporali geochimiche di una zona tanto a rischio di blow-out, come NON citato dagli autori medesimi”.
♦ “Si scrive nella relazione della dr.ssa Carapezza che vi è una “via di fuga accertata”: Le Solfanare. Volevano gli autori accertare vie di fuga? Allora ne basta una per far decadere il progetto secondo la loro stessa filosofia di monitoraggio – tutta da verificare se utile e se non semplicemente “strumentalizzabile” dal progetto stesso. In ogni caso una via di fuga esiste – Le Solfanare – e ben consistente (fino a 30000 g/m2giorno) e quindi il progetto è da loro stessi “bocciabile” tecnicamente, se si usano i loro stessi criteri e non più complesse valutazioni che prendano in considerazione altre geosfere (es. falde acquifere): la relazione non supera lo standard minimo della galileiana logica scientifica”;
♦ “Le campagne di misura di flusso di CO2 si ripetono sempre e solo nell’intorno pozzi Enel e non su eventuali proiezioni di linee di faglia (quali note possibili vie di fuga per i geo-gas verso il suolo), magari messe in luce nel sottosuolo da altri colleghi INGV (mai consultati?). Ciò denota un approccio di bassissimo grado multidisciplinare ed inter-relazionale tra colleghi – nella relazione della dr.ssa Carapezza stessa – e questo avvalora l’ipotesi di sue scelte dei siti dove ripetere le campagne di flusso di CO2 non dettate solo da criteri scientifici… Di scientifico ci sembra essere poco in tale “isolato criterio di scelta” dei siti di misura, mentre più consono sarebbe stato fare prima profili trasversali a lineamenti tettonici presunti o vincolati nel sottosuolo o in superficie da letteratura o in report Enel pregressi e – come vedremo dopo – scegliere zone “depresse” di possibile accumulo di CO2 al suolo o alti strutturali dove manchi acquifero superficiale “tampone” o più di uno”.
♦“La scelta nella relazione della dr.ssa Carapezza delle 3 aree-piazzole di pozzi ENEL dove svolgere le misure del solo parametro “flusso di CO2” non è ben vincolata neanche della geochimica dei fluidi delle falde acquifere superficiali sottostanti, né dal grado di saturazione in CO2 di tali acquiferi (vedi amplissima letteratura INGV e di altri enti di ricerca), che rimane ignota ai lettori della relazione della dr.ssa Carapezza. Tutta la letteratura di autorevoli gruppi INGV di ricerca geotermica/geochimica han lavorato moltissimo anche sulle falde acquifere superficiali o più profonde per misurare – prima ancora che nei suoli – l’arrivo di correi di CO2 dal sottosuolo fino alla saturazione dei corpi acquiferi stessi) non son stati presi in considerazione”;
♦ “La parte isotopica dello studio geochimico dei gas del suolo nella relazione della Carapezza è sotto un qualsivoglia livello medio scientifico perché non prende in considerazione neanche SOLO pochi valori isotopici del carbonio del componente CO2 …Non si sono svolte analisi isotopiche del carbonio o del deuterio sul componente metano (CH4) per vincolare meglio la componente biologica rispetto a quella profonda termogenica dei due componenti carbonici ed inoltre i marker isotopici di fughe di gas profonde (elementi inerti, quali l’Elio nei suoli) non son stati misurati per nulla. Scadente è la relazione e scadente è la scelta dei siti per le analisi isotopiche stesse – nulle – e per nulla le “anomalie” son corredate da analisi isotopiche dei corpi acquiferi sottostante i suoli misurati. Tutto è gravemente al di sotto dello standard INGV dei gruppi attuali e pregressi (basta citare il gruppo di Giovanni Chiodini per non citare lavori propri) e di altri gruppi di geochimica dei fluidi nazionali ed internazionali. La relazione della Carapezza giustifica la mancanza di misure isotopiche delle componenti del carbonio o di altri elementi (zolfo, elio, azoto etc.) semplicemente dicendo che si era sotto la soglia della concentrazione del 2% in concentrazione della CO2 nei suoli, ma essa – la concentrazione di CO2 – NON è STATA MISURATA IN ALCUNO DEI 1500 PUNTI CIRCA, IN CUI INVECE è STATA MISURATO SOLO IL FLUSSO DI CO2, PARAMETRO DIVERSO DALLA CONCENTRAZIONE DI CO2 COME NOTO A TUTTI I GEOCHIMICI DEI FLUIDI DEL MONDO”;
♦ “Manca nella relazione qualsiasi riferimento e differenziazione dei campioni/aree in funzione della litologia-stratigrafia sottostante, contro ogni competenza geologica quando si misurano gas nei suoli ed inoltre manca qualsiasi riferimento ai gas contenuti nel sottosuolo ed al notevole “gas cap” presente nel sottosuolo studiatissimo nel passato dalla ricerca italiana. Paradossalmente manca qualsiasi riferimento stratigrafico e non al notissimo blow out di CO2 in zona descritto da Ferrara & Stefani, 1978 ed accaduto nel 1973 (vedi figura “storica” che segue), durante lo scavo di un pozzo profondo, che generò nella debole copertura silicatica delle vie di fuga di gas nuove, che io personalmente avrei comunque rimisurato – anche fosse solo per la curiosità scientifica – utilizzando al meglio i fondi devoluti dall’”ignaro” committente mostrando gli standard di “curiosità scientifica” di personale di ricerca INGV accreditato. Manca ogni qualsiasi riferimento bibliografico immediato nel testo e inserimento dei dati raccolti insieme a dati pregressi”;
♦ Mancano studi specifici di come le faglie di ogni natura e profondità – mai citate nel dettaglio e neppure geo-referenziate con moderni sistemi ArchGIS – possano raggiungere la superficie e quindi creare vie di fuga per il gas, né tantomeno sono accennati criteri geomorfologici dei siti da misurare, es. conche avvallate dove il gas CO2 notoriamente si accumula, né vi sono riferimenti a direzione di flusso del vento, velocità, gradienti termici, tipologie delle abitazioni al piano terra, per “subire” il naturale degassamento (senza scongiurare quello dovuto ad eventuali attività geotermiche); nessun cenno nella relazione della Carapezza è presente relativo alla presenza/assenza di H2S (di fatto non misurato a sufficienza), gas naturale ben più gravoso della CO2 per la saluta umana: ci si aspettava, anche solo per la curiosità scientifica, senza dire per il buon uso dei fondi del privato committente, misure differenziali condite di un minimo di modelli di dispersione della CO2 ai primi metri dal suolo, come addirittura svolto fin dagli anni ’70 da Ferrara e Stefani. Neanche si fa cenno a possibili “disposal plant” di vie di fuga rinvenibili durante lo scavo dei previsti pozzi geotermici, anche fosse uno di prova. Bastava leggere il testo di quella antica pubblicazione ENEL quando parla di: “… designing disposal plants for later wells, thus ensuring maximum safety conditions during large.scale fluid production…”. Manca inoltre una mappa seria e “storicizzata” (evoluzione, episodi di degassamento, etc…) dei cosiddetti “abandoned wells” e minime nozioni di “well integrity” applicabili in zona, in funzione dei risultati scientifici geochimici e loro evoluzione possibile. Per i criteri geomorfologici bastava leggere nel lavoro del 1978: “……. the CO2 which is at a general standstill, accumulates in spots that are topographically more depressed and sheltered and especially near the gas escape points where it reaches concentrations of more than 40% in volume….”. Basta molto meno, come percentuali di concentrazione di gas – peraltro non misurata nella relazione Carapezza – per morti semi-immediate di esseri umani ed animali”;
♦ “La relazione della dr.ssa Carapezza e relativi precari della ricerca di Università Roma 3 è scarsissima nelle sue conclusioni in cui si discutono peraltro dati non discussi nella relazione contro ogni regola “scientifica” galileiana di stesura delle relazioni/report/pubblicazioni: la relazione della Carapezza può apparire un discredito ai danni dello Stato, ed in particolare di INGV, per l’abbassamento gravissimo del tenore medio della ricerca INGV mostrato e l’utilizzo dei fondi dello Stato – pur provenendo da fonti private – per scopi diversi da quelli previsti da statuto INGV (fare ricerca al massimo livello)”.
In particolare la frase finale delle conclusioni non si sa da dove provenga sperimentalmente, visto che l'origine biogenica della COal suolo sarebbe stata accertata da misure isotopiche che NON sono presenti nella relazione Carapezza, per stessa ammissione degli scriventi qualche riga prima: la truffa ai danni del committenti ed indirettamente allo Stato come INGV, nel discredito di pubblico ludibrio in particolare, è duplice!”
È pertanto di una gravità inaudita che il rischio che l’attività in progetto implica sia stato valutato su “tale” documentazione scientifica.

La mancanza di completi dati scientifici, concernenti tre studi fondamentali per valutare la pericolosità del progetto (sulla sismicità, sul monitoraggio geochimico e sismico e sul monitoraggio CO2) è CONDIZIONE PIÙ CHE SUFFICIENTE per non autorizzare l’impianto geotermico.


Osservazione n. 4: relativamente alla Osservazione del Comune di Acquapendente, inviata in data 18.10.2015, sulla interferenza con l’impianto di Castel Giorgio e con le attività presenti, la ITW-LKW Geotermia Italia S.p.A ha risposto con motivazioni risibili basate su c.d. “presunzioni ragionevoli” non argomentate.


La società proponente tende ad escludere una interferenza con le attività presenti sulla base di presunzioni “ragionevoli”. Nello specifico:



  • slittamento dell’attività di perforazione dei pozzi di Torre Alfina rispetto a quelli di Castel Giorgio;
  • che l’attività di escavazione sia esaurita e completamente ripristinata al momento dell’inizio dei lavori per l’impianto di Torre Alfina.
Presunzione “ragionevole” che non è, però, supportata da alcuna fondata argomentazione.
Inoltre, come espressamente ammesso dalla società proponente, la sovrapposizione degli impianti, ma non dell’attività di cava, è stata considerata, sotto l’aspetto ambientale, solo per quanto concerne effetti acustici, polveri, ecc., ma non, del ben più importante, prelievo idrico.
Tale omissione è incomprensibile ed inaccettabile. Infatti tutte queste attività, impianti e cava, comportano un importante prelievo idrico che non può essere, in nessun caso, non considerato e valutato sotto l’aspetto di impatto ambientale dell’area. Si chiede pertanto che tale aspetto sia oggetto di attenta valutazione.
Osservazione n. 5: relativamente alla Osservazione del Comune di Acquapendente, inviata in data 18.10.2015, sulla incompatibilità con i vincoli presenti nell’area, la ITW-LKW Geotermia Italia S.p.A si è limitata a riportare quanto già scritto nello SIA.
Nella nota inviata dal Comune di Acquapendente si faceva cenno ai vincoli presenti nell’area evidenziando, come: “considerato che in base alle norme tecniche di attuazione dei Piano Territoriale Paesistico Regionale riferite alla tipologia di paesaggio sulla quale insiste l’intervento proposto risultano non compatibili interventi dei tipo “Impianti di produzione di energia areali con grande impatto territoriale”; l’’intervento proposto risulta non compatibile con la tipologia dei vincolo presente nell’area”.

La società – senza fornire alcuna prova – si limita ad asserire che il progetto dell’impianto pilota geotermico di Torre Alfina era stato definito prima che il TAR Lazio emettesse la sentenza n. 10436/2015 del 29.07.2015 di annullamento del vincolo (che è stata poi cassata dal Consiglio di Stato, sezione VI, sentenza n. 914/2016 del 07.03.2016), e che pertanto il SIA “contiene tutte le argomentazioni per superare il vincolo”.

Sorprendentemente perché il Sia predisposto dalla società proponente è già stato oggetto di una valutazione estremamente negativa del Fondo Ambientale Italiano (FAI) che, in data 15 ottobre 2015, ha inviato al Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (MATTM), prot. DVA-2015-002593 del 16/10/2015, “Osservazioni allo Studio di Impatto Ambientale Impianto Pilota Geotermico denominato Torre Alfina –Comune di Acquapendente (VT).

Ne riportiamo alcuni stralci:

Nell’area si sovrappongono più vincoli paesaggistico-territoriali tra cui:

  • l’area di notevole Interesse Pubblico dell’Altopiano Alfina (art. 136 D.lgs 42/2004;
  • Ampliamento del vincolo Monte Rufeno e Valle del Paglia (D.M. 12/05/2011; la fascia di rispetto del corso d’acqua Affluente Subissone (Art. 142 D.Lgs 42/2004 e smi);
  • Sistemi di paesaggio agrario di Rilevante Valore da PTPR (Tav. A-L.R. 38/99);
  • aree e punti di visuali paesaggistiche (Art. 28 norme PTPR)”.
Nella scelta localizzativa risulta quindi disatteso l’obiettivo primario di individuare territori non particolarmente critici o sensibili dal punto di vista paesaggistico; e allo stesso tempo inaccettabile la valutazione di un grado di coerenza elevato e, per contro, di un grado di incidenza basso del progetto rispetto al territorio circostante”.

L’aspetto del consumo di suolo agricolo – non rispristinabile in caso di dismissione – risulta quindi fondamentale e preponderante nelle scelte di attuazione; all’interno di un procedimento VIA e di un SIA, non può essere sufficiente giustificare con un obiettivo di risparmio energetico l’assenza di una alternativa Zero”.

“All’interno di un quadro socio-territoriale ed economico fortemente vocato all’agricoltura turistica ed intatto dal punto di vista del mosaico ambientale i danni provocati dall’installazione di impianti geotermici sono maggiori rispetto ad eventuali vantaggi energetici di natura locale”.

“L’altopiano dell’Alfina è infatti un territorio che per la sua omogeneità morfologica e paesaggistica è stato caratterizzato negli ultimi decenni da un turismo rurale in forte crescita, favorito anche dalla recente valorizzazione di itinerari culturali europei (via francigena e via teutonica) collegati da percorsi secondari che attraversano le zone di Torre Alfina e Acquapendente”.

“Non è infatti accettabile che si considerino solo “positivi” gli impatti e le ricadute sul sistema socio-economico che probabilmente non beneficerebbe direttamente dell’indotto occupazionale e, da valutare più attentamente, se risulterebbe utile alla comunità agricolo/turistica della zona una fonte energetica con costi più competitivi”.

Altrettanto discutibile la valutazione nei confronti degli aspetti di attuazione degli impianti a partire dal processo di cantierizzazione che si traduce sempre in un meccanismo di ricaduta territoriale ben più ampio della sola ubicazione delle strutture dell’impianto geotermico”.

“Nonostante nello Studio sia indicata l’opportunità di utilizzare un sistema viabilistico esistente senza prevederne ex-novo, la movimentazione dei mezzi adibiti alla realizzazione dell’intervento, la costruzione delle linee elettrica aerea e agli scavi per l’interramento delle tubazioni, e in primis la fase di perforazione, risulta di notevole impatto sia dal punto di vista visivo-paesaggistico (piattaforme, impianti di trivellazione, tralicci, ecc.) che faunistico ambientale (inquinamento acustico e luminoso)”.

“Nel caso specifico, all’interno del Sia viene effettuata una analisi del contesto paesaggistico, delle scelte di mitigazione e di inserimento che si riducono ad un semplice studio cromatico-fotografico l’interferenza ambientale delle postazioni, portando ad una banalizzazione degli interventi di sistemazione ambientale”.

Pensare di “mitigare efficacemente” un impianto che condizionerebbe più di 4 ettari di sullo agricolo attraverso interventi di piantumazione a contorno degli impianti con essenze arboree e arbustive risulta funzionalmente poco utile, visto e considerato l’impatto nel breve termine dato dalla fase di cantierizzazione e operatività dei pozzi, e quello a lungo termine di ricostruzione della flora impiantata”.

Non sono state inoltre valutate eventuali opere di compensazione ambientale, giustificabili dall’effettivo consumo del suolo agricolo che comporta la realizzazione degli impianti e che avrebbero dovuto essere inserite nel sia, soprattutto per verificare la presenza di possibili interventi di ripristino-recupero del patrimonio ecologico-ambientale dell’Alfina”.

“L’area considerata dal Sia in esame per la valutazione delle componenti naturalistiche prende in considerazione unicamente l’ambito areale in cui sono previsti gli impianti e i tracciati delle tubazioni”.
All’interno di quest’ultimo viene valutato “… un contesto bio-geografico senza particolari elementi di valore e un mosaico paesistico abbastanza semplificato…”, che, però, in maniera contraddittoria, viene anche evidenziato come territorio lievemente ondulato e principalmente agricolo con presenza di casolari sparsi e boschi lungo i sistemi irrigui”.

“Quest’ultima analisi mette in risalto il delicato equilibrio di zone come quella di Acquapendente nella loro vocazione turistico-agricola e integrità ambientale eco-sistemica”.

Partire dal presupposto quindi che, la carenza di sistemi vegetativi complessi e sistemi boschivi ampi, comporti una scarsa qualità della componente paesaggistico-ambientale è assolutamente confutabile”.

“Soprattutto all’interno della Stima della sensibilità Paesaggistica dell’Area di Studio ai fini dell’esame di impatto non è accettabile il livello di valutazione dedotto per le componenti e gli aspetti paesaggistici analizzati”.

“All’interno della Morfologia Strutturale non è condivisibile né il livello di Naturalità dei luoghi – medio/basso – né il livello di tutela – medio (vista soprattutto la complessità del sistema vincolistico e normativo evidenziato sopra e nemmeno la singolarità paesaggistica – medio/bassa”.

Tali valutazioni non sono accettabili per il contesto territoriale preso in esame…; l’attività antropica presente, sia quella agricola che turistica della zona, è prettamente legata all’alto grado di conservazione geo-morfologica e storico-ambientale del territorio e, quindi, la valutazione della sensibilità paesaggistica dell’area dal punto di vista linguistico, visivo e simbolico deve necessariamente rientrare nella fascia medio/alta e non medio/bassa come quella imposta nella Relazione paesaggistica”.

“Partendo inoltre dai criteri dettati dalla legislazione vigente – DGR n. 7/11045 del 2002 e PTPR – per la determinazione della classe di sensibilità dei siti oggetto di interventi con impatto paesistico impongono una serie di considerazioni, tra cui soprattutto il presupposto che: “… quanto più il luogo di intervento è contraddistinto da una propria riconoscibile caratterizzazione paesaggistica (come appunto quella del territorio dell’Alfina)… tanto questa presenta un grado di sensibilità paesistica alto e quindi gli effetti e le perturbazioni risultano più avvertibili”.

“A questo proposito, riprendendo i contenuti del DGR di cui sopra, la metodologia di valutazione di impatto paesistico dovrebbe tendere a superare il concetto di discrezionalità data dal soggetto esaminante, attraverso un giudizio di qualità dell’impatto; questo infatti dovrebbe tendere a: “…definire e verificare se quel progetto in quel luogo contribuisca a qualificare oppure a deteriorare il contesto paesistico di riferimento, se produca effetti non apprezzabili sull’immagine di quel territorio o, invece, possa arricchirla o impoverirla, se crei nuovi valori paesistici, o piuttosto non comprometta oppure distrugga quelli esistenti”.

È da ritenere, inoltre, poco efficace lo studio di foto-inserimento degli impianti all’interno del contesto paesistico, che non risultano adeguati alla reale portata strutturale e impiantistica del progetto; risulta infatti forzatamente limitata – e lontana – la visione dei profili del territorio e della vegetazione a contorno”.

Non sono nemmeno presenti efficaci studi e tavole di renderizzazione dei progetti che avrebbero evidenziato al meglio l’inserimento paesaggistico dei pozzi sia nella fase di perforazione (che contempla 90 gg di operatività) che nella fase di produzione”.

“Come già accennato… lo sforzo del Proponente, di mitigare gli impatti visivi attraverso lo studio cromatico delle componenti naturali del territorio circostante l’intervento, non tengono però in considerazione l’effetto stagionalità che interviene in un contesto agricolo che si modifica ripetutamente durante l’anno. La proposta quindi di inserire strutture cromaticamente assimilabili (ghiaie e cementi colorati), ai colori prevalenti non sembra sufficientemente efficace”.

“Se poi parliamo di incidenza simbolica, non è ammissibile ritenere, come invece viene evidenziato nel SIA, che tali opere siano entrate a far parte della percezione collettiva del paesaggio in quanto sono presenti in zona da molti anni altri impianti geotermici (?), che però in prima analisi, dall’indagine delle mappe aereofotogrammetriche, non risultano evidenti nel raggio di almeno 2 km dalla zona in esame: interventi che oltre tutto sono stati realizzati negli anni in cui la legislazione nazionale e regionale in materia di Impatto ambientale e valutazione conseguente, non era stata ancora codificata”.

Alle osservazioni, puntuali e precise del FAI, la società proponente ha controdedotto parzialmente, con motivazioni risibili, nonché in contrasto con quanto stabilito da giurisprudenza costante. Nello specifico:


  • La società scrive di ipotetiche, e non provate, ricadute di livello economico sull’area che deriverebbero dalla realizzazione dell’impianto. La sentenza del Cons. Stato, Sez. IV, 29 aprile 2014, n. 2222, afferma che Il paesaggio rappresenta un bene primario e assoluto prevalente rispetto a qualunque altro interesse, pubblico o privato. Come è noto, sotto il profilo costituzionale l’art. 9 Cost. introduce la tutela del “paesaggio” tra le disposizioni fondamentali. Il concetto non va però limitato al significato meramente estetico di “bellezza naturale” ma deve essere considerato come bene “primario” ed “assoluto”, in quanto abbraccia l’insieme “dei valori inerenti il territorio” concernenti l’ambiente, l’eco-sistema ed i beni culturali che devono essere tutelati nel loro complesso, e non solamente nei singoli elementi che la compongono. Il paesaggio rappresenta un interesse prevalente rispetto a qualunque altro interesse, pubblico o privato. Inoltre, “il piano paesaggistico costituisce … una valutazione ex ante della tipologia e dell’incidenza qualitativa degli interventi ammissibili in funzione conservativa degli ambiti reputati meritevoli di tutela per cui i relativi precetti devono essere orientati nel senso di assicurare la tutela del paesaggio per assicurare la conservazione di quei valori che fondano l’identità stessa della nazione”. In questo senso è orientata la giurisprudenza costituzionale e amministrativa costante (vds. per tutti Corte cost., 5 maggio 2006, nn. 182, 183; Corte cost., 26 novembre 2002, n. 478; Corte cost., 24 febbraio 1992, n. 67; Corte cost., 13 luglio 1990, n. 327; Cons. Stato, Sez. V, 24 aprile 2013, n. 2265; Cons. Stato, Sez. VI, 13 settembre 2012, n. 4875;Cons. Stato, Sez. IV, 3 maggio 2005, n. 2079; Cons. Stato, Sez. VI, 22 marzo 2005, n. 1186; Cons. Stato, Sez. VI, 3 maggio 2002, n. 3512; Cons. Stato, Sez. VI, 5 gennaio 2001, n. 25; Cons. Stato, Sez. VI, 4 aprile 1997, n. 553; Cons. Stato, Sez. VI, 30 marzo 1994, n. 450; Cons. Stato, Sez. VI, 26 gennaio 1993, n. 96; Cons. Stato, Sez. VI, 14 novembre 1992, n. 873).
  • dal punto di vista paesaggistico la società, dopo aver sottolineato che le strutture sono facilmente occultabili con la piantumazione arborea, ammette che gli impianti risulteranno visibili da Torre Alfina (ricordiamolo, uno dei borghi più belli d’Italia) ma, aggiunge: “…date le distanze in gioco e le caratteristiche delle opere in progetto… i due impianti risulteranno non distinguibili nella loro singolarità” (Sic!). La sentenza del Consiglio di Stato n. 3059 dell’11 luglio 2016, che statuisce la predominanza del paesaggio sull’attività di ricerca ed estrazione di idrocarburi, specifica come: “Sul piano definitorio ambiente e paesaggio sono concetti fortemente compenetrati, al punto che il secondo costituisce l’aspetto visibile del primo. “Paesaggio’’ indica «la morfologia del territorio», cioè «l’ambiente nel suo aspetto visivo» (cfr. Corte cost., 21 ottobre 2011, n. 275; 22 luglio 2009, n. 226, 30 maggio 2008, n. 180; 7 novembre 2007, n. 367; 5 maggio 2006, n. 182 e 183; 14 dicembre 1993, n. 430; 11 luglio 1989, n. 391; 30 dicembre 1987, n. 641). Entrambi rappresentano profili strettamente connessi della salvaguardia della preesistenza del contesto naturale e si correlano a esigenze primarie dell’individuo, trovando ciascuno un fondamento costituzionale nell’accezione ampia di tutela del paesaggio (art. 9), per la complessità dell’ambiente in combinazione con quella della salute (art. 32)”.
  • per quanto concerne la superficie “non ripristinabile in caso di dismissione” la società scrive: “In realtà NON esiste un’opera non ripristinabile tra quelle previste dal progetto. Nella documentazione presentata, SIA cap. 3.3.3.5, vengono descritte le modalità di ripristino ambientale da rispettare nel caso in cui l’esito delle perforazioni non sia conforme alle attese o, comunque, a fini vita dell’impianto. Per quanto riguarda i pozzi si tratta di un’operazione comune a tutte le attività che implicano opere minerarie. È un’operazione peraltro semplice che implica la preventiva messa in sicurezza del pozzo mediante iniezione di cemento e il successivo smantellamento delle solette di calcestruzzo e della ghiaia utilizzata per realizzare il piano della postazione” (Sic!). Sempre la sentenza del Consiglio di Stato sopra citata, n. 3059 dell’11 luglio 2016, che statuisce la predominanza del paesaggio sull’attività di ricerca ed estrazione di idrocarburi evidenzia come la semplice occlusione del pozzo di ricerca non corrisponde ad un intervento di ripristino dello status quo ante perché: “in base ad una valutazione svolta a livello normativo primario i pozzi della tipologia di quello oggetto di controversia (e dunque anche quelli delle perforazioni geotermiche) implicano una alterazione non meramente transeunte del territorio”.
Ribadiamo quindi, anche a fronte delle inequivocabili osservazioni del Fondo Ambientale Italiano, che l’intervento proposto non risulta compatibile con la tipologia del vincolo presente nell’area.

Per tutto quanto sopra esposto, e ricordando come la sentenza Cons. Stato, Sez. VI, 23 luglio 2015, n. 3652, ribadisca che il Ministero per i Beni e Attività Culturali e il Turismo ha il diritto-dovere, costituzionalmente garantito (artt. 9, 117 cost.) di salvaguardare i valori ambientali e paesaggistici del Bel Paese e come: “alla funzione di tutela del paesaggio (che il MBAC qui esercita attraverso esprimendo il suo obbligatorio parere nell’ambito del procedimento di compatibilità ambientale) è estranea ogni forma di attenuazione della tutela paesaggistica determinata dal bilanciamento o dalla comparazione con altri interessi, ancorché pubblici, che di volta in volta possono venire in considerazione. Qualsiasi “attenuazione, nella traduzione provvedimentale, condurrebbe illegittimamente, e paradossalmente, a dare minor tutela, malgrado l’intensità del valore paesaggistico del bene, quanto più intenso e forte sia o possa essere l’interesse pubblico alla trasformazione del territorio”, si chiede con forza e decisione che il MBAC non rilasci il prescritto N.O. di compatibilità ambientale per l’impianto in oggetto.


Osservazione n. 6: Posizioni amministrative assunte dal comune di Acquapendente che deve ospitare l’impianto pilota geotermico di Torre Alfina; posizioni amministrative assunte da 25 comuni sia laziali che umbri del circondario; documento approvato dal Consiglio Regionale dell’Umbria circa gli impianti geotermici pilota della piana dell’Alfina nella seduta del 22.03.2016; Risoluzione della VI Commissione Consiliare permanente “ambiente, lavori pubblici, mobilità, politiche della casa e urbanistica” della Regione Lazio approvata all’unanimità il 22.09.2016.


Si riportano di seguito i tre documenti predetti:


A) POSIZIONE AMMINISTRATIVA DEL COMUNE DI ACQUAPENDENTE:  







B) POSIZIONI AMMINISTRATIVE ASSUNTE DA 25 COMUNI SIA LAZIALI CHE UMBRI DEL CIRCONDARIO:

“PREMESSO CHE in data 09/10/2015 sono riuniti ad Orvieto i Comuni di Allerona, Baschi, Castel Giorgio, Castel Viscardo, Fabro, Ficulle, Montecchio, Montegabbione, Monteleone d’Orvieto, Orvieto, Porano, San Venanzo, Acquapendente, Bolsena, Capodimonte, Gradoli, Grotte di Castro, Latera, Marta, Montefiascone, Onano, Proceno, San Lorenzo Nuovo, Valentano, il Commissario Straordinario del Comune di Parrano;

PREMESSO CHE la Società ITWLKW ha presentato due progetti per la realizzazione di impianti geotermici pilota, della potenza di 5 megawatt l’uno, da realizzarsi nel Comune di Acquapendente e nel Comune di Castel Giorgio, entrambi nella Piana dell’Alfina;

CHE il primo impianto pilota, quello di Castel Giorgio, ha quasi terminato il suo iter autorizzativo con la Conferenza dei Servizi aperta in data 08/09/2015 alla quale seguirà, in caso di esito positivo, l’intesa tra le Regioni Lazio, Umbria ed il Ministero dello Sviluppo Economico. Il secondo, quello di Torre Alfina (Acquapendente) è invece all’inizio dell’iter amministrativo. È chiaro però che una conclusione positiva e la firma dell’intesa sull’impianto di Castel Giorgio significherebbe automaticamente un assenso sul secondo progetto, essendo identici per tecnologia e funzionamento;

CHE l’Assemblea è convocata e riunita con lo scopo di esprimere come territorio interregionale, ancora una volta, un NO deciso ai progetti pilota geotermici;

CHE il territorio rappresentato dai Comuni presenti è oggetto di numerosissimi permessi di ricerca geotermici;

CHE ad oggi le Amministrazioni Comunali e le Associazioni Ambientaliste hanno espresso parere negativo alla loro realizzazione, producendo osservazioni, documenti comprovanti conflitti d’interesse e anomalie nelle procedure amministrative e ricorsi al TAR;

CHE i suddetti documenti e osservazioni riguardano sia aspetti tecnici (possibile sismicità indotta, interferenze con le falde dell’acquifero dell’Alfina, bacino di ricarica del Lago di Bolsena), aspetti giuridici e infine aspetti politici intesi come governo ed indirizzo dello sviluppo del territorio;

CHE in data 15/04/2015 è stata approvata dalle Commissioni riunite della Camera dei Deputati X Attività Produttive e VIII Ambiente, all’unanimità da tutte le forze politiche, la Risoluzione a prima firma On. Braga, che prevedeva numerosi impegni ed in particolare:


  1. ad avviare le procedure di zonazione del territorio italiano, per le varie tipologie di impianti geotermici, identificando le aree potenzialmente sfruttabili in coerenza anche con le previsioni degli orientamenti europei relativamente all’utilizzo della risorsa geotermica, e in linea con la strategia energetica nazionale;
  2. ad emanare, entro sei mesi, «linee guida» a cura dei Ministeri dello sviluppo economico e dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, che individuino nell’ambito delle aree idonee di cui al punto precedente anche i criteri generali di valutazione, finalizzati allo sfruttamento in sicurezza della risorsa, tenendo conto delle implicazioni che l’attività geotermica comporta relativamente al bilancio idrologico complessivo, al rischio di inquinamento delle falde, alla qualità dell’aria, all’induzione di micro sismicità;
  3. a rilasciare, a seguito dell’emanazione delle linee guida, tutte le autorizzazioni per i progetti di impianti geotermici, comprese quelle relative ai procedimenti in corso, nel rispetto delle prescrizioni ivi previste;
CHE il territorio interessato dai progetti ha intrapreso e realizzato uno sviluppo socio economico legato prevalentemente alla valorizzazione dell’ambiente, dell’agricoltura nella sua multifunzionalità e dell’agroalimentare di qualità, dell’enogastronomia, delle emergenze culturali e delle attività artigianali
CHE la città di Orvieto, Torre Alfina annoverato nel Club dei Borghi più belli d’Italia, il Lago di Bolsena con i caratteristici Comuni che sorgono lungo le sue sponde, ricchi di natura e di storia, sono riconosciuti come patrimonio turistico e culturale;
CHE gli interventi per la valorizzazione del territorio sono stati in gran parte realizzati attraverso strumenti finanziari pubblici, di provenienza regionale;


CHE sia il territorio umbro e sia il territorio laziale oggetto delle richieste di impianti geotermici pilota, sono stati individuati dalle rispettive Regioni come aree interne in base agli indici socio economici che li caratterizzano, nelle quali aree, ai sensi delle linee guida per l’individuazione delle stesse, talune tipologie di sviluppo sono escluse;
CHE sarebbe pertanto incoerente che si autorizzino interventi contrari a programmazioni che vedono l’utilizzo di risorse provenienti dalle stesse Regioni.
L’ASSEMBLEA DELIBERA ALL'UNANIMITÀ DI:

Richiedere ai Ministeri competenti il rispetto di quanto previsto nella Risoluzione di cui in premessa e in particolare di quanto previsto al punto 1, 2, 3;

Ribadire nei confronti delle Regioni Umbria e Lazio, le quali come ultimo atto autorizzativo per i due impianti saranno chiamate insieme al Ministero dello Sviluppo Economico alla sottoscrizione dell’intesa, la contrarietà dei territori ai suddetti impianti per le motivazioni espresse in premessa e nei numerosi atti trasmessi alle Amministrazioni competenti;

Chiedere pertanto alle Regioni Umbria e Lazio di esprimere parere negativo nei confronti dei due progetti pilota, e di non sottoscrivere l’intesa;

Chiedere di applicare il principio di precauzione: l’Assemblea ribadisce, infatti, oltre ai dubbi sulla sicurezza dell’impianto, che lo sviluppo di questo territorio è legato alla valorizzazione dell’ambiente, dell’agricoltura nella sua multifunzionalità, dell’enogastronomia e delle emergenze culturali, attività che verrebbero inevitabilmente compromesse dalla presenza di impianti geotermici, così come del resto dalla presenza di altre installazioni non sicure e non armonizzate (come è ad esempio il caso degli impianti eolici di grandi dimensioni), tenuto altresì conto che parte di questi territori sono SIC (Siti di interesse comunitario) e ZPS (Zone di protezione speciale);

Elaborare un documento programmatico che contenga, in continuità con quanto già realizzato nei decenni precedenti, le linee di sviluppo socio economico da perseguire nel prossimo futuro, ribadendo così il grande valore ambientale e la presenza di un immenso patrimonio storico culturale;

Elaborare, in conformità con la normativa nazionale e regionale in materia energetica, il piano energetico territoriale dell’area interregionale umbro-laziale in oggetto”.


C) DOCUMENTO APPROVATO DAL CONSIGLIO REGIONALE DELL’UMBRIA CIRCA GLI IMPIANTI GEOTERMICI PILOTA DELLA PIANA DELL’ALFINA NELLA SEDUTA DEL 22.03.2016:
PROPOSTA DI RISOLUZIONE
DELLA II COMMISSIONE CONSILIARE PERMANENTE

Oggetto: “Progetto per la realizzazione di impianti geotermici pilota nella Piana dell’Alfina – Adesione della G.R. dell’Umbria al documento di amministrazioni comunali dell’Umbria e del Lazio recante contrarietà a tale realizzazione – Adozione da parte della Giunta medesima di conseguenti iniziative”
________________________


Premesso che:


  • in data 3 novembre 2015, è stata presentata all’Assemblea legislativa la mozione n. 218 a firma dei consiglieri Fiorini, Nevi, Ricci, Liberati, Squarta, Leonelli e Rometti, avente ad oggetto: “Progetto per la realizzazione di impianti geotermici pilota nella Piana dell’Alfina – Adesione della G.R. dell’Umbria al documento di amministrazioni comunali dell’Umbria e del Lazio recante contrarietà a tale realizzazione – Adozione da parte della Giunta medesima di conseguenti iniziative”;
  • la mozione sopra citata, riproduce il testo completo del documento redatto ad Orvieto in data 9 ottobre 2015 dai Comuni di Allerona, Baschi, Castel Giorgio, Castel Viscardo, Fabro, Ficulle, Montecchio, Montegabbione, Monteleone d’Orvieto, Orvieto, Forano, San Venanzo, Acquapendente, Bolsena, Capodimonte, Gradoli, Grotte di Castro, Latera, Marta, Montefiascone, Onano, Proceno, San Lorenzo Nuovo, Valentano, il Commissario Straordinario del Comune di Parrano;
  • nel citato documento si fa esplicito riferimento al fatto che la questione è all’attenzione del Parlamento, dove il 15 aprile 2015 è stata approvata dalle Commissioni riunite Attività Produttive e Ambiente della Camera dei Deputati una risoluzione, votata all’unanimità da tutte le forze politiche, che tra i numerosi impegni prevedeva di:
  • avviare le procedure di zonazione del territorio italiano, per le varie tipologie di impianti geotermici, identificando le aree potenzialmente sfruttabili in coerenza anche con le previsioni degli orientamenti europei relativamente all’utilizzo della risorsa geotermica, e in linea con la strategia energetica nazionale;
  • emanare, entro sei mesi “linee guida” a cura dei Ministeri dello sviluppo economico e dell’ambiente, che individuino nell’ambito delle aree idonee di cui al punto precedente anche i criteri generali di valutazione, finalizzati allo sfruttamento in sicurezza della risorsa, tenendo conto delle implicazioni che l’attività geotermica comporta relativamente al bilancio idrologico complessivo, al rischio di inquinamento delle falde, alla qualità dell’aria, all’induzione di microsismicità;
  • rilasciare, a seguito dell’emanazione delle linee guida, tutte le autorizzazioni per i progetti di impianti geotermici, comprese quelle relative ai procedimenti in corso, nel rispetto delle prescrizioni ivi previste;
  • dal documento del 9 ottobre 2015, risulta altresì che l’Assemblea dei comuni sopra citati ha deliberato all’unanimità di:
  • chiedere ai Ministeri competenti il rispetto di quanto previsto nella Risoluzione parlamentare citata, e, in particolare, i tre punti sopra richiamati;
  • ribadire agli esecutivi delle Regioni Umbria e Lazio, chiamati alla sottoscrizione dell’intesa con il Ministero dello Sviluppo Economico, che rappresenta l’ultimo atto autorizzativo, la contrarietà dei territori alla realizzazione dei due impianti, ampiamente motivata con numerosi atti trasmessi alle Amministrazioni competenti nel corso di tutto l’iter;
  • chiedere alle Regioni Umbria e Lazio di esprimere parere negativo nei confronti dei due progetti pilota, e di non sottoscrivere l’intesa;
  • chiedere di applicare il principio di precauzione, poiché oltre ai dubbi sulla sicurezza dell’impianto, lo sviluppo del territorio è legato alla valorizzazione dell’ambiente, dell’agricoltura nella sua multifunzionalità, dell’enogastronomia e delle emergenze culturali, attività che verrebbero inevitabilmente compromesse dalla presenza di impianti geotermici, così come del resto dalla presenza di altre installazioni non sicure e non armonizzate (come è ad esempio il caso degli impianti eolici di grandi dimensioni), tenuto altresì conto che parte di questi territori sono SIC (Siti di interesse comunitario) e ZPS (Zone di protezione speciale);
  • elaborare un documento programmatico che contenga, in continuità con quanto già realizzato nei decenni precedenti, le linee di sviluppo socio economico da perseguire nel prossimo futuro, ribadendo così il grande valore ambientale e la presenza di un immenso patrimonio storico culturale;
  • elaborare, in conformità con la normativa nazionale e regionale in materia energetica, il piano energetico territoriale dell’area interregionale umbro-laziale in oggetto;
atteso che: 


  • la materia è regolata dal D.Lgs. 11 febbraio 2010, n. 22 (Riassetto della normativa in materia di ricerca e coltivazione delle risorse geotermiche, a norma dell’articolo 27, comma 28, della legge 23 luglio 2009, n. 99), il cui comma 2 bis dell’art. 3 stabilisce che per la sperimentazione di impianti pilota, come nel caso della Piana dell’Alfina, l’autorità competente a rilasciare il permesso di ricerca è il Ministero dello Sviluppo Economico, di concerto con il Ministero dell’Ambiente, che acquisiscono l’intesa con le regioni interessate, in questo caso le Regioni Lazio e Umbria, e, all’atto del rilascio del permesso di ricerca, l’autorità competente stabilisce le condizioni e le modalità con le quali è fatto obbligo al concessionario di procedere alla coltivazione dei fluidi geotermici in caso di esito della ricerca conforme a quanto indicato nella richiesta di permesso di ricerca;
  • gli impianti pilota sono definiti all’articolo 1, comma 3-bis del citato D.Lgs. 22/2010. Si tratta di impianti “con reiniezione del fluido geotermico nelle stesse formazioni di provenienza, e comunque con emissioni di processo nulle, con potenza nominale installata non superiore a 5 MW per ciascuna centrale, per un impegno complessivo autorizzabile non superiore ai 50 MW; per ogni proponente non possono in ogni caso essere autorizzati più di tre impianti, ciascuno di potenza nominale non superiore a 5 MW. Gli impianti geotermici pilota sono di competenza statale”;
preso atto che:


  • la vicenda ha preso avvio nel 2011 a seguito della richiesta presentata al Ministero dello Sviluppo economico dalla società ITW-LKW Geotermia Italia S.p.A. per la realizzazione di un progetto pilota per sfruttare la risorsa geotermica nell’Altopiano dell’Alfina, sulla quale la Commissione per gli Idrocarburi e le Risorse Minerarie (CIRM) nel marzo 2012 ha espresso parere favorevole al prosieguo dell’istanza in relazione agli aspetti tecnici;
  • successivamente, nel gennaio 2014, la ITW-LKW Geotermia Italia S.p.A. ha presentato istanza per il solo impianto pilota denominato “Castel Giorgio” ai fini dell’approvazione della variazione del programma lavori per l’aumento di potenza da 3,2 MWe a 5 MWe da immettere nel sistema elettrico, sulla quale la CIRM ha espresso parere favorevole nella seduta nel marzo 2014;
  • la Regione dell’Umbria, nell’ambito delle proprie competenze, con Determinazione dirigenziale n. 7896 del 1 ottobre 2014 (ai sensi dell’articolo 25, comma 2 del D.Lgs. 152/2006 e dell’articolo 20, comma 6 della L.R. 12/2010), sul progetto relativo alla realizzazione dell’impianto nel comune di Castel Giorgio ha espresso il parere ambientale alla Procedura di V.I.A., di natura interlocutoria e corredato di prescrizioni e raccomandazioni poiché, dalle istruttorie svolte, è emerso un quadro non unitario delle posizioni e delle valutazioni formulate dai vari soggetti coinvolti nel procedimento;
  • dal canto suo il Ministero dell’Ambiente (di concerto con il Ministro dei beni e delle Attività culturali e del turismo), con D.M. 59 del 3 Aprile 2015, ha emanato un provvedimento positivo con prescrizioni di compatibilità ambientale, nella configurazione dell’impianto che prevede l’immissione di 5 MWe nel sistema elettrico, prescrizioni che peraltro prevedono numerose attività di controllo e di verifica dei possibili impatti ambientali relativi alla sperimentazione dell’impianto pilota;
  • la Giunta Regionale umbra, con propria deliberazione n. 1006 del 31 agosto 2015 ha disposto una informativa relativa all’Atto di Intesa richiesto da parte del Ministero dello Sviluppo Economico alla Regione Umbria per il rilascio del Permesso di Ricerca, nella quale ha fatto il punto della situazione e stabilito di convocare un incontro con i comuni del territorio;
  • l’incontro previsto nell’informativa sopra citata, si è svolto il 7 settembre 2015, tra l’Assessore regionale competente, Fernanda Cecchini e i Sindaci dei comuni interessati i quali hanno rappresentato le ragioni della loro ferma avversità nei confronti della realizzazione dell’impianto, ragioni peraltro legate alla contrarietà pressoché totale della popolazione, ai pericoli concreti di determinare inquinamento delle falde dell’acquifero dell’Alfina e alla microsismicità connessa ai lavori, e, alla incoerenza di puntare su un simile impianto quando da tempo tutti i comuni del territorio e la stessa Regione hanno lavorato per definire un modello di sviluppo ambientale, eco-sostenibile e di valorizzazione del patrimonio naturale della zona puntando anche sulle opportunità offerte dalle “aree interne” e dalla presenza di importanti zone protette;
  • la Giunta regionale con propria successiva deliberazione n. 1429 del 30 novembre 2015, ha provveduto ad aggiornare la situazione con una nuova informativa, dalla quale risulta tra l’altro che:
  • l’art. 12, comma 3 del D.Lgs. 387/2003, stabilisce che rispetto ad una nuova destinazione d’uso in variante al PRG, l’autorizzazione unica, ove occorra, costituisce variante allo strumento urbanistico;
  • il D.Lgs. 22/2010 prevede che le opere necessarie per la ricerca e la coltivazione, nonché per il trasporto e la conversione delle risorse geotermiche in terraferma sono dichiarate di pubblica utilità, nonché urgenti ed indifferibili e, laddove necessario, è apposto il vincolo preordinato all’esproprio;
  • la realizzazione dell’impianto è compatibile con gli strumenti urbanistici del Comune di Castel Giorgio;
  • dal punto di vista Paesaggistico il complesso della Centrale di produzione elettrica non ricade in ambito sottoposto a tutela paesaggistica e non interessa le aree non idonee di cui al regolamento regionale n. 7/2011 sulle rinnovabili;
  • poiché l’elettrodotto interessa in parte aree boscate e corsi d’acqua vincolati ai sensi dell’articolo 142 del Codice del paesaggio, il Servizio Regionale competente propone l’interramento della maggior parte del tracciato e propone un parere più restrittivo di quello della Soprintendenza competente;
  • il Ministro dei beni e delle Attività culturali e del turismo esprime un parere favorevole nel rispetto di varie prescrizioni riferite per la maggior parte agli aspetti archeologici per consentire alla Soprintendenza interessata il controllo in fase di esecuzione degli scavi;
  • in presenza di un marcato contrasto degli enti locali e di una forte contrarietà di alcuni comitati, nonché della mozione sottoscritta da tutti capigruppo dell’Assemblea legislativa dell’Umbria (Atto n. 218 del 3.11.2015) in cui si esprime la richiesta di formulare parere negativo all’intesa, la Giunta regionale prevede di incaricare il Servizio regionale competente di presentare un documento istruttorio tecnico in merito al progetto oggetto della proposta di Intesa, e, ai fini dell’indirizzo politico, di assumere le proprie determinazioni dopo aver acquisito anche gli elementi che emergeranno dall’Assemblea legislativa;
considerato che: 


  • in questi anni si sono costituiti diversi Comitati, e molte associazioni di cittadini e ambientaliste che si sono espressi in maniera fortemente negativa nei confronti della realizzazione di impianti geotermoelettrici nel territorio dell’Alfina;
  • in data 18 giugno 2015, gli stessi comuni della zona (Acquapendente, Allerona, Bolsena, Castel Giorgio, Castel Viscardo, Grotte di Castro, Montefiascone, Orvieto) e la Provincia di Viterbo hanno depositato ricorso al TAR Lazio contro il provvedimento di compatibilità ambientale e tutti gli atti conseguenti;
considerato altresì che:


  • l’Assemblea legislativa, con nota prot. n. 7101 del 4 dicembre u.s., ha trasmesso alla II Commissione Consiliare permanente la mozione n. 218 per approfondimenti sull’argomento trattato;
  • la II Commissione nella consapevolezza della complessità della materia oggetto della mozione ha subito calendarizzato una serie di audizioni per avere elementi di conoscenza utili a svolgere l’approfondimento richiesto e per comprendere le posizioni delle parti coinvolte nella vicenda invitando i Sindaci, le Associazioni Ambientaliste e i Comitati cittadini del territorio orvietano contrari ai progetti di impianti di geotermia nella piana dell’Alfina, nonché il manager e i consulenti della ITW LKW Geotermia Italia SPA, oltre all’Assessore regionale competente, Fernanda Cecchini, e i funzionari regionali;
  • all’audizione del 10 dicembre 2015, hanno partecipato i sindaci dei Comuni di Castel Giorgio Andrea Garbini, di Allerona Sauro Basili, di Castel Viscardo Daniele Longaroni, di Monteleone d’Orvieto Angelo Larocca, il portavoce dell’Associazione Accademia Kronos nazionale Roberto Minervini, i rappresentanti della Commissionaria Kronos Francesco Messina e Tonino Cardinali, il rappresentante del Comitato di Castel Giorgio Fausto Carotenuto, la ricercatrice dell’INGV Fedora Quattrocchi i quali hanno puntato l’attenzione sul fatto che mancano sufficienti rassicurazioni sulla possibilità di inquinamento delle falde acquifere e di sismicità indotta e non si possono assumere decisioni simili senza tenere conto della volontà della popolazione di queste aree, tutta schierata contro il progetto che non garantisce la salute dei cittadini, ed è in contrasto con la politica di sviluppo e di valorizzazione di quei territori perseguita finora dalla Regione e dagli enti locali;
  • all’audizione del 14 dicembre 2015, hanno partecipato il mananger e consigliere delegato della ITW LKW Geotermia Italia SPA Diego Righini, il direttore scientifico e progettista Franco Barberi, il progettista Alberto Bottai, il responsabile delle relazioni esterne Pietro Paluello e i consulenti Stefano Cimicchi, Stefano Fratini, Luciano Mincini e Fabarizio Maria Francesconi, che hanno presentato e illustrato le caratteristiche del progetto pilota, da loro definito totalmente ecocompatibile, unico al mondo, che prevede assenza di immissioni nell’ambiente di prodotti nocivi o con effetto serra, nessun impatto olfattivo nell’ambiente circostante, larga disponibilità di calore per usi termici diretti con ulteriore abbattimento dell’inquinamento da fonti fossili e non produce microsismicità aggiuntiva;
  • all’audizione del 17 dicembre ha partecipato l’Assessore Fernanda Cecchini, competente per materia, supportata dai funzionari del Servizio competente della Giunta regionale, che ha riferito sull’iter della pratica e ha chiarito che le autorizzazioni sono in capo al Ministero per lo Sviluppo Economico e al Ministero dell’Ambiente, previa intesa con la Regione Umbria;
  • la Commissione ha poi dedicato le sedute del 25 gennaio 2015 e dell’1, 8 e 15 febbraio per valutare gli esiti delle audizioni svolte;
La II Commissione consiliare propone all’Assemblea legislativa di impegnare la Giunta regionale a tenere in debita considerazione:
  1.  l’informativa alla Giunta regionale (documento istruttorio a corredo dell’intesa richiesto dal Ministero dello Sviluppo economico alla Regione), consegnato ai componenti della seconda Commissione consiliare nella seduta del 1° febbraio 2016, da parte dell’Assessore regionale competente;
  2. le indicazioni contenute nel documento redatto il 9 ottobre 2015, e sopra citate, a seguito dell’incontro svolto il 7 settembre 2015, tra la Giunta regionale e i sindaci dei comuni interessati;
  3. la totale contrarietà espressa con atti ufficiali da parte di tutti gli Enti locali della zona, oltre che dai cittadini e dai numerosi comitati che si sono costituiti per avversare il Progetto per la realizzazione di impianti geotermici pilota nella Piana dell’Alfina, circostanza di cui le istituzioni regionali devono assolutamente tenere conto;
  4. che ogni decisione finale sia subordinata al rispetto del principio di precauzione, principio che deve prevalere in tutti gli ambiti che attengono l’interesse della salute della popolazione e della tutela ambientale, come previsto sia dalla normativa nazionale che europea;
  5. una specifica regolamentazione della materia in occasione dell’approvazione della Strategia energetico ambientale regionale – nei limiti degli spazi consentiti dalle competenze regionali – al fine di evitare il ripetersi di una simile e difficile vicenda;
  6. la possibilità di verificare, prima del rilascio degli atti di sua competenza se ci siano ancora la condizioni per intraprendere un’iniziativa volta alla concertazione tra le parti al fine di giungere ad una soluzione condivisa, e, qualora non si dovesse arrivare ad un punto di incontro, si auspica che gli atti di competenza della Giunta regionale, avvenga nel rispetto della normativa vigente e dell’interesse prevalente dei comuni del territorio e delle comunità coinvolte.


D) RISOLUZIONE DELLA VI COMMISSIONE CONSILIARE PERMANENTE “AMBIENTE, LAVORI PUBBLICI, MOBILITA’, POLITICHE DELLA CASA E URBANISTICA” DELLA REGIONE LAZIO APPROVATA ALL’UNANIMITÀ IL 22.09.2016

OGGETTO: Impianti pilota geotermici ubicati rispettivamente nella Regione Umbria e nella Regione Lazio denominato “CASTEL GIORGIO – TORRE ALFINA”.

Premesso che:



  • Con il D. Lgs. N. 22 dell’11/02/2010 concernente il “Riassetto della normativa in materia di ricerca e coltivazione delle risorse geotermiche” lo Stato Italiano ha inteso promuovere la privatizzazione della produzione dell’energia elettrica da fonte geotermica, mantenendo la delega alle Regioni circa le funzioni relative al conferimento di titoli minerari a risorse geotermiche nella terra ferma;
  • Con il D.Lgs. n 28 del 3/03/2011 veniva specificato che sono di interesse nazionale i fluidi a media e alta entalpia finalizzati alla sperimentazione di impianti pilota e che pertanto le autorizzazioni non spettano più alle Regioni bensì al Ministero dello Sviluppo Economico di concerto con il Ministero dell’ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, d’intesa con la Regione interessata;
  • Gli impianti pilota sono definiti all’art. 1, comma 3-bis, del citato D. Lgs. 22/2010. Si tratta di impianti “con reiniezione del fluido geotermico nelle stesse formazioni di provenienza e comunque con emissioni di processo nulle, con potenza nominale istallata non superiore a 5 MW per ciascuna centrale per un impegno complessivo autorizzabile non superiore ai 50 MW; per ogni proponente non possono in ogni caso essere autorizzati più di tre impianti, ciascuno di potenza nominale non superiore a 5 MW. Gli impianti geotermici pilota sono di competenza statale.”;
  • Nel 2011 la società ITW LKW geotermia Italia S.p.A. presenta al Ministero dello Sviluppo Economico una richiesta per la realizzazione di un progetto pilota finalizzato allo sfruttamento della risorsa geotermica nell’altopiano dell’Alfina;
  • Nel gennaio 2014 la stessa Società presenta istanza per un solo progetto denominato “Castel Giorgio” e solo più tardi, nel 2015, presenta la istanza per il secondo progetto pilota denominato “Torre Alfina”;
  • I due progetti presentati per la realizzazione di altrettanti impianti pilota geotermici nella Piana dell’Alfina, a cavallo delle province di Terni e Viterbo, uno nel territorio nel comune di Castel Giorgio (Terni) e uno nel territorio di Acquapendente (Viterbo), procedono nel loro iter autorizzatorio ma mentre per il primo lo stesso è quasi ultimato, per il secondo a seguito dell’istanza presentata nel corso del 2015, è stata aperta la Conferenza dei Servizi e sono state depositate da parte delle amministrazioni comunali del territorio interessante i due impianti, in quanto parti in causa, le osservazioni al progetto. Tali osservazioni, corredate di relazioni tecniche, ricalcano quelle presentate negli anni precedenti in relazione all’impianto situato nel Comune di Castel Giorgio: in esse, fra l’altro, viene rimarcato il fatto che, come è noto e come dimostrato da diversi studi scientifici, l’attività geotermica a media ed alta entalpia può rappresentare un serio problema per le falde acquifere e per la possibile induzione di sismicità;
  • Si sottolinea che l’Area dell’Alfina risulta sismottettonicamente molto fragile, come dimostra anche il recente sisma verificatosi la sera del 30 maggio u. s. quando, ad una scossa di grado 4.1 sulla scala Richter ed epicentro nel Comune di Castel Giorgio, ha fatto seguito un fitto sciame sismico continuato per circa una settimana, con altre scosse anche di grado superiore a 3.0 della scala Richter, con epicentro sia nel Comune di Castel Giorgio sia in quello di Acquapendente (VT). Al sisma ha fatto seguito l’immediata attività di ricognizione della Protezione Civile e dei Vigili del Fuoco e entrambi i Comuni di Castel Giorgio (TR) e Acquapendente (VT) hanno avanzato richiesta di stato di calamità alle rispettive Regioni;
  • Il Comune di Castel Giorgio, pur ricadendo in Umbria, è situato a 6 Km dal lago di Bolsena. Il preoccupante impatto ambientale che potrebbe scaturire dal funzionamento dell’impianto, caratterizzato da 9 pozzi profondi oltre 1.000 metri, si ripercuoterebbe nel territorio che ne è immediatamente attiguo e che insiste nella Regione Lazio. L’impianto preleva i fluidi geotermici in Umbria e li reinietta a pressione nel Lazio sotto il bacino idrogeologico del lago di Bolsena;
  • L’esecuzione del progetto geotermico è in attesa dell’ultimo atto autorizzatorio ovvero l’intesa tra la Regione Umbria e il Ministero dello Sviluppo Economico, intesa necessaria affinché si proceda nella costruzione del primo dei due impianti;
  • Il 15 aprile 2015 le commissioni parlamentari congiunte VIII Ambiente e X Attività Produttive hanno approvato alla unanimità la risoluzione 8-00103 nella quale, in particolare ai primi tre impegni, si richiede:

  1. Di avviare le procedure di zonazione del territorio italiano, per le varie tipologie di impianti geotermici, identificando le aree potenzialmente sfruttabili in coerenza anche con le previsioni degli orientamenti europei relativamente all’utilizzo della risorsa geotermica e in linea con la strategia energetica nazionale;
  2. Di emanare, entro sei mesi, linee guida a cura dei Ministeri dello Sviluppo Economico e di quello dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, che individuino nell’ambito delle aree idonee di cui al punto precedente anche i criteri generali di valutazione, finalizzati allo sfruttamento in sicurezza della risorsa, tenendo conto delle implicazioni che l’attività geotermica comporta relativamente al bilancio idrologico complessivo, al rischio di inquinamento delle falde, alla qualità dell’aria, all’induzione di micro sismicità;
  3. A rilasciare, a seguito della emanazione delle linee guida, tutte le autorizzazioni per i progetti di impianti geotermici, comprese quelle relative ai procedimenti in corso, nel rispetto delle prescrizioni ivi previste

  • Le assemblee consiliari dei diversi comuni coinvolti hanno prodotto specifiche deliberazioni, spesso votate all’unanimità, nelle quali sono evidenziate, anche in virtù delle considerazioni sopra esposte, le loro posizioni contrarie alla realizzazione degli impianti pilota geotermici;
  • I Comuni situati nell’area in cui insisterebbero i due impianti, insieme alla provincia di Viterbo, si sono sempre contrapposti ai progetti stessi producendo osservazioni documentate e depositate presso i Ministeri competenti, nelle diverse fasi dell’iter istruttorio;
  • Nell’ottobre 2015 l’Assemblea dei venticinque sindaci riuniti ad Orvieto ha sottoscritto un documento indirizzato alla Regione Umbria, dove si chiede espressamente a quest’ultima, fra l’altro, di non precedere alla sottoscrizione dell’atto d’intesa con il MISE, in quanto rappresenterebbe il momento conclusivo dell’iter amministrativo e il via libera alla realizzazione all’impianto previsto per il comune di Castel Giorgio;
  • La II Commissione Consiliare Permanente della regione Umbria si è espressa con una risoluzione votata a maggioranza dalla Assemblea Consigliare;
  • L’11 febbraio 2016 la Direzione ministeriale generale per la salvaguardia del Territorio e delle Acque ha inviato la nota n.00023/sta alle regioni Lazio e Umbria in quanto direttamente coinvolte dalla realizzazione degli impianti di cui trattasi, per tener conto dei timori espressi dall’Associazione “Bolsena Forum-Amici del Lago di Bolsena” La regione Lazio, anche se a tutt’oggi non ha fornito riscontro alla nota e tanto meno al sollecito inviato in data 05.05.16, è stata contattata telefonicamente.
  • Il 29 giugno 2016 in commissione X (della Camera) attività produttive, il Sottosegretario Giacomelli, in rappresentanza del Governo, ha risposto ad un ulteriore interrogazione sugli impianti geotermici pilota previsti nella zona dell’Alfina, comunicando che il 25 maggio u.s. si è tenuta una riunione tecnica, in merito alla zonazione e alla elaborazione delle linee guida, con la condivisione di alcune modifiche relativamente a queste ultime che, pertanto, entro giugno vedranno la stesura definitiva;


Preso atto che:

  • In questi anni si sono costituiti diversi Comitati, e molte associazioni di cittadini e ambientalisti che si sono espressi in maniera fortemente negativa nei confronti della realizzazione di impianti geotermoelettrici pilota nel territorio dell’Alfina;
  • In data 19 giugno 2015 è stato consegnato al TAR del Lazio il ricorso contro l’autorizzazione dell’impianto geotermico pilota di Castel Giorgio per conto dei comuni di: Acquapendente, Allerona, Bolsena, Castel Giorgio, Montefiascone, Castel Viscardo, Orvieto e della provincia di Viterbo, contro i Ministri dell’Ambiente, dei Beni Culturali dello sviluppo Economico e contro la Regione Umbria e Lazio, nonché nei confronti della ITW LKW geotermia Italia SpA al fine di ottenere l’annullamento e/o la riforma del parere favorevole di tutte le determinazioni e pareri connessi al parere di impatto ambientale;
  • La Regione Lazio, nell’ambito delle proprie competenze, con determinazione dirigenziale n. G16974/2014, ha fornito specifiche indicazioni operative, da recepire in sede di VIA nazionale per ciò che attiene soprattutto al monitoraggio della falda idropotabile. Tale determinazione dirigenziale, adottata dall’Amministrazione regionale a conclusione dell’istruttoria Tecnico/Amministrativa ai sensi dell’ex art.3, comma 2 Bis del D. Lgs. N. 22/2010, si inserisce, con valore endoprocedimentale, nell’iter di VIA nazionale attivato dalla Società proponente in data 09/10/13;
  • Il suddetto procedimento si è concluso col decreto ministeriale di compatibilità ambientale n.59 (2015);
  • Con sentenza della Corte Costituzionale n. 156 del 1 luglio 2016, viene dichiarata inammissibile la legittimità costituzionale di cui all’art. 1, comma 2, della Legge della Regione Toscana n. 17 del 2015, per cui sono sospesi, non oltre i sei mesi dall’entrata in vigore della stessa Legge, i procedimenti per il rilascio dei permessi di ricerca per la realizzazione dei pozzi esplorativi, nonché dei preordinati atti relativi all’alta ed alla media entalpia;
LA VI COMMISSIONE CONSILIARE PERMANENTE “AMBIENTE, LAVORI PUBBLICI, MOBILITA’, POLITICHE DELLA CASA E URBANISTICA”
Nella consapevolezza della complessità della materia, ha calendarizzato un’audizione per avere elementi di conoscenza utili a svolgere il dovuto approfondimento e per comprendere le posizioni delle parti coinvolte nella vicenda invitando i Sindaci, le Associazioni Ambientaliste e i Comitati di cittadini, oltre all’Assessore regionale competente e i funzionari regionali;

All’audizione, svoltasi in data 24 marzo 2016, hanno partecipato:

  • l’Assessore all’Ambiente e rifiuti Mauro Buschini e l’Ing. Flaminia Tosini, responsabile dell’Area Ciclo integrato dei rifiuti, che hanno riferito sull’iter della pratica e hanno chiarito che le autorizzazioni sono in capo al Ministero per lo Sviluppo Economico e al Ministero dell’Ambiente.
  • i Sindaci dei comuni di: Viterbo, Montefiascone, Bolsena, Capodimonte, Gradoli, Grotte di Castro, Marta, Valentano, Acquapendente, San Lorenzo Nuovo;
  • il Presidente dell’Associazione Amici del Lago di Bolsena.
  • i Sindaci e il Presidente dell’Associazione Amici del Lago di Bolsena, hanno puntato l’attenzione sul fatto che mancano sufficienti rassicurazioni in ordine al possibile inquinamento delle falde acquifere e alla possibile induzione di sismicità, sul fatto che non si possa procedere nella realizzazione dei due impianti senza tenere conto della volontà della popolazione delle aree interessate: quest’ultima è schiarata contro la realizzazione dei due progetti pilota poiché gli stessi non garantirebbero la salute dei cittadini oltre a risultare palesemente in contrasto con la politica di sviluppo e di valorizzazione dei territori ricadenti nella piana dell’Alfina, politica fino a questo momento supportata e perseguita dalla stessa Regione Lazio;
  • Preso atto della documentazione informativa depositata; 
  • Visti gli esiti dei vari approfondimenti e dibattiti che si sono tenuti in Commissione


SI IMPEGNA LA GIUNTA REGIONALE


A prendere tutte le iniziative di propria competenza presso i Ministeri competenti affinché vengano sospese tutte le procedure per le autorizzazioni delle concessioni per la ricerca e la coltivazione delle risorse geotermiche a media e alta entalpia fino alla predisposizione di una carta idrogeotermica, così come prevista dal comma 3, art.5 della Legge Regionale n. 3 del 21 aprile 2016, che identifichi le aree potenzialmente sfruttabili in coerenza anche con le previsioni degli orientamenti europei e in linea con la strategia energetica nazionale, nelle quali soprattutto, applicando il principio di precauzione, non vengano adottate decisioni atte a permettere l’insediamento di impianti pilota che possano essere fonte di danno o pregiudizio alla popolazione residente e al territorio.
……………………………………………………………………………………


Si richiede pertanto, per tutti i motivi sopraesposti e per il richiamato principio di precauzione, che l’autorità competente concluda il procedimento di valutazione di impatto ambientale con provvedimento negativo alla realizzazione dell’impianto de quo.

La presente comunicazione vale infine come diffida, scilicet come invito al rispetto più’ rigoroso delle norme, delle procedure, della deontologia, della verità’ effettuale e degli inalienabili diritti della popolazione che l’impianto pilota geotermico potrebbe gravemente ledere; atque come preannuncio di iniziative legali in tutte le sedi competenti qualora si verificassero violazioni o omissioni atte a consentire ovvero favoreggiare un’iniziativa flagrantemente illecita ed inammissibile.

La presente comunicazione è anche da intendersi quale formale istanza di partecipazione al procedimento amministrativo (Legge 7 agosto 1990, n.241 – D.P.R. 12 aprile 2006, n. 184). Si resta in attesa di essere convocati, e comunque di un sollecito riscontro.

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