lunedì 5 dicembre 2016

GEOTERMIA E TERREMOTI



I RISCHI 

E I DISASTRI GIÀ PRODOTTI NEL MONDO








“…Una vasta letteratura mondiale, documenta i rischi connessi ad attività di trivellazione in generale. 

Tra i più comuni sono osservati gli inneschi di eventi sismici e sequenze sismiche, anche prolungate nel tempo, le esplosioni o eruzioni dei pozzi, con innesco di fuoriuscite di fluidi anche per lunghi periodi di tempo, processi di subsidenza del suolo, alterazioni delle falde acquifere ed eventi franosi. Per tali motivazioni i siti di perforazione sono generalmente posti a distanza dai centri abitati, in aree non interessate da strutture tettoniche attive.



Nel caso delle aree vulcaniche attive i rischi citati sono notevolmente amplificati dagli elevati valori di gradiente termico e di pressione, nonché dalla presenza di fluidi circolanti anche tossici e dalla presenza di sistemi magmatici anche superficiali. 

Trivellazioni in aree vulcaniche, in numerosi casi hanno comportato conseguenze disastrose, tra gli esempi più noti sono da citare il vulcano Luci a Java, vulcano di fango, prodotto dall'eruzione di un pozzo profondo avvenuta nel 2006, che per anni, con un flusso ininterrotto ha portato alla luce oltre 90 milioni di metri cubi di fango proveniente da depositi profondi, che ha coperto un 'area di alcun Kmq, con spessore di decine di metri, rendendo necessaria l'evacuazione di decine di migliaia di persone, con danni economici di alcuni miliardi di dollari.

Altri esempi riguardano la caldera del Fogo (Sao Miguel Azzorre), dove da alcuni anni è in corso una estesa modificazione dell'area intorno al pozzo a seguito di una esplosione avvenuta durante una trivellazione, finalizzata alla realizzazione di impianti geotermici, ad una profondità di circa 600 metri. L'esplosione è stata associata, a sequenze sismiche, processi di fratturazione del suolo per estensione di centinaia di metri, nascita di nuovi campi fumarolici diffusi. Il pozzo era localizzato a breve distanza da un impianto geotermico già operativo presso il bordo calderico con caratteristiche analoghe al sistema geotermico flegreo.

Altri eventi esplosivi in campi geotermici, sono ampiamente documentati:
  •  nella caldera di Yellowstone, negli Stati Uniti, 
  • in Nuova Zelanda, 
  • nell'isola greca di Nisyros, 
  • a Fiumicino
  • nella caldera dei Campi Flegrei
  • sull'isola di Ischia.


Comunemente, le esplosioni idrotermali, sono considerate una fattore di rischio elevato in aree geotermiche, con potenziali effetti distruttivi estesi nel raggio di centinaia di metri o chilometri dal centro di esplosione.

Associato a tale rischio, è ampiamente nota l'attività sismica naturale e indotta da trivellazioni in sistemi geotermici con magnitudo anche superiori al 4 grado Richter, particolarmente probabile in caso di reiniezione di fluidi in prossimità di strutture tettoniche attive. 

D'altra parte l'innesco di sequenze sismiche, a seguito di attività di trivellazione, estrazione e reiniezione di fluidi, è ben documentata anche in aree non vulcaniche, come ad esempio è stato osservato in pozzi localizzati presso Basilea, in Oklahoma e in Olanda. In quest'ultimo caso, si è valutato che i soli danni connessi alla subsidenza indotta da reiniezioni di fluidi in aree urbanizzate ammonterebbero a circa 30 miliardi di euro.

Dettagliate documentazioni, relative a sismicità indotta, emissioni gassose nocive, emissioni acustiche, e anche esplosioni idrotermali, sono registrate storicamente in tempi più recenti, in aree geotermiche anche di vulcani non attivi, come ad esempio nei siti italiani del Monte Amiata e di Lardarello…

Inoltre una vasta letteratura dimostra come i processi di reiniezione di fluidi in profondità aumentino notevolmente i rischi della generazione di eventi sismici e della altre manifestazioni associate.

Tali rischi comprendono:

  • Sequenze sismiche, di magnitudo massima non prevedibile, ma probabilmente prossima alle magnitudo potenziali dell'area in oggetto;
  • Esplosioni o eruzioni dei pozzi con fuoriuscita non controllabile di fluidi e materiali fangosi anche per lunghi periodi;
  • Esplosioni freatiche per rapida decompressione di vapori e gas da pressioni, dell'ordine di varie decine di bar;
  • Alterazioni del sistema geotermico in profondità e degli acquiferi superficiali e profondi;
  • Innesco di processi franosi e di subsidenza del suolo per modificazioni dello stato di stress derivante da alterazioni del regime di circolazione dei fluidi nei mezzi porosi, nonchè alle sollecitazioni sismiche indotte dalle trivellazioni e dalle attività estrattive e di reiniezione;
  • Dispersione dei gas, ed in particolare di anidride carbonica con rischi di diffusione nei centri abitati...;
  • Modificazioni climatiche locali a seguito della bassa efficienza degli impianti e della eventuale dispersione di calore nelle aree prossime circostanti l'impianto;
  • In casi estremi innesco di eventi eruttivi di natura esplosiva freato-magmatica, nel caso in cui la trivellazione, attraversi gli acquiferi profondi prossimi alla camera magmatica superficiale e induca processi di fratturazione e contatto fra fluidi idrotermali e magma;

Relativamente ai rischi di esplosioni, di varia natura, che possono essere innescati dalle attività di perforazione di sistemi geotermici, oltre alle evidenze da disastri documentati a livello mondiale, è disponibile una vasta letteratura, di modellistica teorica e fisica, riguardate i fenomeni di " flashing, esplosioni termiche, boiling- point eruption, gas eruption e mixing eruption.
Tali fenomenologie esplosive, associate a rapida decompressione e transizione di fase, di fluidi ad alta pressione e temperatura , sono possibili, nelle aree ad alto gradiente di temperatura, come il sistema geotermico dei Campi Flegrei, già a profondità di alcune decine di metri.

Ricerche condotte dal sottoscritto, in collaborazione con altri colleghi dell'INGV e di altri istituti, pubblicate su riviste internazionali già alla fine degli anni 90 e successivamente, dimostrano l'estrema instabilità dei sistemi geotermici, sotto l'effetto anche di minime perturbazioni termiche e meccaniche, in profondità, con evoluzione imprevedibile e possibili conseguenze catastrofiche. Tali condizioni possono essere indotte proprio da attività di trivellazione".

Dalle Osservazioni del Dott. Giuseppe Mastrolorenzo- I° Ricercatore Osservatorio Vesuviano- INGV, depositate al Ministero dell’Ambiente, sul Progetto Scarfoglio, del 5 settembre 2016.




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