I RISCHI
E I DISASTRI GIÀ PRODOTTI NEL MONDO
“…Una vasta letteratura mondiale, documenta i rischi
connessi ad attività di trivellazione in generale.
Tra i più comuni sono
osservati gli inneschi di eventi sismici e sequenze sismiche, anche prolungate
nel tempo, le esplosioni o eruzioni dei pozzi, con innesco di fuoriuscite di
fluidi anche per lunghi periodi di tempo, processi di subsidenza del suolo,
alterazioni delle falde acquifere ed eventi franosi. Per tali motivazioni i
siti di perforazione sono generalmente posti a distanza dai centri abitati, in
aree non interessate da strutture tettoniche attive.
Nel caso delle aree vulcaniche attive i rischi citati sono
notevolmente amplificati dagli elevati valori di gradiente termico e di
pressione, nonché dalla presenza di fluidi circolanti anche tossici e dalla
presenza di sistemi magmatici anche superficiali.
Trivellazioni in aree
vulcaniche, in numerosi casi hanno comportato conseguenze disastrose, tra gli
esempi più noti sono da citare il vulcano Luci a Java, vulcano di fango,
prodotto dall'eruzione di un pozzo profondo avvenuta nel 2006, che per anni,
con un flusso ininterrotto ha portato alla luce oltre 90 milioni di metri cubi
di fango proveniente da depositi profondi, che ha coperto un 'area di alcun
Kmq, con spessore di decine di metri, rendendo necessaria l'evacuazione di
decine di migliaia di persone, con danni economici di alcuni miliardi di
dollari.
Altri esempi riguardano la caldera del Fogo (Sao Miguel
Azzorre), dove da alcuni anni è in corso una estesa modificazione dell'area
intorno al pozzo a seguito di una esplosione avvenuta durante una
trivellazione, finalizzata alla realizzazione di impianti geotermici, ad una
profondità di circa 600 metri. L'esplosione è stata associata, a sequenze
sismiche, processi di fratturazione del suolo per estensione di centinaia di
metri, nascita di nuovi campi fumarolici diffusi. Il pozzo era localizzato a
breve distanza da un impianto geotermico già operativo presso il bordo
calderico con caratteristiche analoghe al sistema geotermico flegreo.
Altri eventi esplosivi in campi geotermici, sono ampiamente
documentati:
- nella caldera di Yellowstone, negli Stati Uniti,
- in Nuova Zelanda,
- nell'isola greca di Nisyros,
- a Fiumicino
- nella caldera dei Campi Flegrei
- sull'isola di Ischia.
Comunemente, le esplosioni idrotermali, sono considerate una
fattore di rischio elevato in aree geotermiche, con potenziali effetti
distruttivi estesi nel raggio di centinaia di metri o chilometri dal centro di
esplosione.
Associato a tale rischio, è ampiamente nota l'attività
sismica naturale e indotta da trivellazioni in sistemi geotermici con magnitudo
anche superiori al 4 grado Richter, particolarmente probabile in caso di
reiniezione di fluidi in prossimità di strutture tettoniche attive.
D'altra
parte l'innesco di sequenze sismiche, a seguito di attività di trivellazione,
estrazione e reiniezione di fluidi, è ben documentata anche in aree non
vulcaniche, come ad esempio è stato osservato in pozzi localizzati presso
Basilea, in Oklahoma e in Olanda. In quest'ultimo caso, si è valutato che i soli danni
connessi alla subsidenza indotta da reiniezioni di fluidi in aree urbanizzate
ammonterebbero a circa 30 miliardi di euro.
Dettagliate documentazioni, relative a sismicità indotta,
emissioni gassose nocive, emissioni acustiche, e anche esplosioni idrotermali,
sono registrate storicamente in tempi più recenti, in aree geotermiche anche di
vulcani non attivi, come ad esempio nei siti italiani del Monte Amiata e di
Lardarello…
Inoltre una vasta letteratura dimostra come i processi di
reiniezione di fluidi in profondità aumentino notevolmente i rischi della
generazione di eventi sismici e della altre manifestazioni associate.
Tali rischi comprendono:
- Sequenze sismiche, di magnitudo massima non prevedibile, ma probabilmente prossima alle magnitudo potenziali dell'area in oggetto;
- Esplosioni o eruzioni dei pozzi con fuoriuscita non controllabile di fluidi e materiali fangosi anche per lunghi periodi;
- Esplosioni freatiche per rapida decompressione di vapori e gas da pressioni, dell'ordine di varie decine di bar;
- Alterazioni del sistema geotermico in profondità e degli acquiferi superficiali e profondi;
- Innesco di processi franosi e di subsidenza del suolo per modificazioni dello stato di stress derivante da alterazioni del regime di circolazione dei fluidi nei mezzi porosi, nonchè alle sollecitazioni sismiche indotte dalle trivellazioni e dalle attività estrattive e di reiniezione;
- Dispersione dei gas, ed in particolare di anidride carbonica con rischi di diffusione nei centri abitati...;
- Modificazioni climatiche locali a seguito della bassa efficienza degli impianti e della eventuale dispersione di calore nelle aree prossime circostanti l'impianto;
- In casi estremi innesco di eventi eruttivi di natura esplosiva freato-magmatica, nel caso in cui la trivellazione, attraversi gli acquiferi profondi prossimi alla camera magmatica superficiale e induca processi di fratturazione e contatto fra fluidi idrotermali e magma;
Relativamente ai rischi di esplosioni, di varia natura, che
possono essere innescati dalle attività di perforazione di sistemi geotermici,
oltre alle evidenze da disastri documentati a livello mondiale, è disponibile
una vasta letteratura, di modellistica teorica e fisica, riguardate i fenomeni
di " flashing, esplosioni termiche, boiling- point eruption, gas eruption
e mixing eruption.
Tali fenomenologie esplosive, associate a rapida
decompressione e transizione di fase, di fluidi ad alta pressione e temperatura
, sono possibili, nelle aree ad alto gradiente di temperatura, come il sistema
geotermico dei Campi Flegrei, già a profondità di alcune decine di metri.
Ricerche condotte dal sottoscritto, in collaborazione con
altri colleghi dell'INGV e di altri istituti, pubblicate su riviste
internazionali già alla fine degli anni 90 e successivamente, dimostrano
l'estrema instabilità dei sistemi geotermici, sotto l'effetto anche di minime
perturbazioni termiche e meccaniche, in profondità, con evoluzione
imprevedibile e possibili conseguenze catastrofiche. Tali condizioni possono
essere indotte proprio da attività di trivellazione".
Dalle Osservazioni del Dott. Giuseppe Mastrolorenzo- I° Ricercatore Osservatorio Vesuviano- INGV, depositate al Ministero dell’Ambiente, sul Progetto Scarfoglio, del 5 settembre 2016.
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