venerdì 31 marzo 2017

DOSSIER GRANDI OPERE: NON È QUESTA LA V.I.A.!








Il Decreto del Governo: meno partecipazione per cittadini ed enti locali, accentramento, sanatorie e regali alle lobby. Le proposte di decine di associazioni e comitati per cambiarlo.








Decine di associazioni e comitati (1) prendono parola e chiedono partecipazione. La lettera aperta alle istituzioni e ai parlamentari.



Siamo organizzazioni che da decenni operano in tutta Italia nel campo della tutela dell'ambiente e della salute, partecipando attivamente alla vita civica del paese. Abbiamo spesso evitato scempi e gravi danni al territorio e alla salute dei cittadini frutto di scelte errate e spesso scellerate degli amministratori.

Siamo venuti a conoscenza della proposta di Decreto predisposta dal Governo per il recepimento della Direttiva 2014/52/UE con modifiche al D.lgs.152/2006 "Norme in Materia Ambientale" (noto come Testo Unico dell'Ambiente) che ora è al vaglio della Conferenza Stato-Regioni e delle Commissioni parlamentari.

Vogliamo esprimere la più profonda amarezza ed indignazione per i contenuti del tutto inaccettabili dellla proposta di Decreto; si guarda con evidente fastidio alla partecipazione dei cittadini e degli enti locali alle scelte che interessano i territori dove essi vivono e viene alterato anche il rapporto tra Stato centrale e regioni. Enti locali e cittadini addirittura perdono del tutto la possibilità di intervenire per ben 90 categorie progettuali, dagli impianti estrattivi a quelli dei rifiuti, passando per una moltitudine di altre tipologie di opere. L'elenco dettagliato è alla fine della parte tecnica del presente documento.

Un provvedimento che possiamo definire in diversi passaggi foriero di corruzione per i vantaggi che offre ai funzionari pubblici  infedeli e  ai privati meno  attenti, a  chi vuole  sfruttare l'ambiente  illecitamente e abusivamente mettendo a rischio la salute delle persone e la qualità del territorio. Un vero e proprio vantaggio di posizione che, tra l'altro, minerebbe alla base la libera concorrenza in quanto penalizzante per le aziende più corrette che verrebbero costrette ad una competizione al ribasso. Oltre a contenere diverse palesi violazioni della Costituzione e della stessa Direttiva Comunitaria che sulla carta vorrebbe recepire, in almeno un passaggio il Decreto, se approvato in questa versione, sovvertirebbe addirittura lo Stato di Diritto, con i funzionari dell'apparato amministrativo che potranno ignorare le decisioni dei tribunali amministrativi. Inoltre si propugnano addirittura metodi anti-meritocratici per la selezione dei soggetti che dovrebbero decidere e valutare le opere che possono avere impatto su salute ed ambiente.

Crediamo che questo paese non meriti tutto ciò, dopo decenni di depredazione dei territori con le devastazioni, i dissesti e la diffusa inottemperanza degli standard comunitari per acqua, aria e suolo che sono sotto gli occhi di tutti proprio a causa dell'incuria della classe dirigente che non ha ascoltato la voce dei cittadini organizzati che quasi sempre si è rivelata più lungimirante. Basti pensare che le forze politiche che si sono succedute alla maggioranza di Governo di questo paese per anni, davanti ai conflitti sociali sulle grandi opere, hanno richiamato - a parole - l'importanza del dibattito pubblico preventivo. Peccato che non l'abbiano mai praticato nonostante sia previsto dal 2006 proprio nel Testo Unico dell'Ambiente! Ecco, ora che la Direttiva Comunitaria intende aumentare la dose di partecipazione nel sistema, la bozza di Decreto svilisce ulteriormente sia questo strumento che altri che potrebbero garantire un'ampia partecipazione degli enti locali e delle comunità alle decisioni.
Sono tanti i cittadini che vogliono poter esprimere la propria posizione, come hanno dimostrato lo scorso 4 dicembre 2016 con l'enorme partecipazione al Referendum costituzionale. Tra l'altro hanno detto No alla riforma costituzionale che voleva cambiare proprio l'Art.117 proponendo un ulteriore accentramento dei poteri e delle competenze. Questo decreto non prende atto della lezione data dai cittadini il 4 dicembre 2016 e persegue gli stessi obiettivi di quella riforma bocciata.

Qui di seguito passiamo velocemente in rassegna le principali criticità, rimandando al documento tecnico allegato alla fine del presente documento per un'analisi approfondita punto per punto con alcune delle numerose proposte che la nostra esperienza diretta ha maturato in questi anni in materia di procedimenti valutativi di carattere ambientale.

Vedrete che le nostre indicazioni non verteranno sulla questione dei tempi certi delle procedure perchè in questi anni siamo noi per primi ad aver accusato il Ministero dell'Ambiente delle inaccettabili lentezze nell'esame dei progetti, visto che vogliamo l'immediata definizione dei procedimenti. Non ci spaventa il confronto ma vogliamo che il paese si comporti in maniera adulta e matura. Altri, invece, per imporre dall'alto scelte illogiche e poco fondate che non saprebbero spiegare, introducono nel Decreto numerosi sotterfugi ed escamotage per eliminare il confronto alla radice; un provvedimento che mostra anche gravissimi limiti culturali e etici. La politica non dovrebbe fermarsi a stigmatizzare a parole le lungaggini ministeriali nella definizione degli esiti dei  procedimenti ma dovrebbe prendere provvedimenti  concreti contro i dirigenti politici ed amministrativi che le hanno determinate. I ritardi non possono essere certo strumentalizzati proprio da chi li ha causati proponendo norme anti-democratiche che  uccidono  quel dibattito serio ed approfondito sulle opere e sulla loro reale utilità che non può che migliorare la nostra democrazia e la stessa economia evitando gli sperperi e i danni che abbiamo visto in questi anni sui nostri territori.

Siamo disponibili ad un confronto, anzi, lo chiediamo, affinchè possiate comprendere tutti i gravissimi limiti di questo provvedimento che deve essere assolutamente modificato pena l'ulteriore decadimento della vita pubblica nel nostro paese.

Qui di seguito riepiloghiamo le principali criticità, anche attraverso l'esame "comma per comma" della bozza di Decreto predisposta dal Consiglio dei Ministri e trasmessa al Parlamento.



NIENTE VALUTAZIONI SUGLI IMPATTI SUL PATRIMONIO CULTURALE E SULLA SALUTE


.Diversamente da quanto accade oggi, il decreto del Governo non prevede più che nello Studio preliminare ambientale per la Verifica di Assoggettabilità si indichino quali effetti il progetto da realizzare produca sul patrimonio culturale sebbene il decreto dichiari che la VIA debba individuare, descrivere e valutare gli impatti ambientali anche sul patrimonio culturale. Pertanto potranno essere esclusi dalla successiva fase di V.I.A. interventi dal pesante impatto sui beni culturali. Inoltre non vi è alcun riferimento ai potenziali impatti sulla salute. Inoltre l'ambito di applicazione della Valutazione di Impatto Sanitario, oggi prevista solo per le grandi centrali termiche, deve essere ampliato affinché siano valutati tutti quei progetti che possono avere un impatto sulla salute dei cittadini



LE PRINCIPALI CRITICITÀ DEL DECRETO



V.I.A. IN SANATORIA E I CANTIERI CONTINUANO ANCHE IN CASO DI ANNULLAMENTO DEL T.A.R. DEI PROVVEDIMENTI DI V.I.A..

Il Decreto prevede di poter accedere in qualsiasi momento e per qualsiasi tipologia di opera alla V.I.A. "in sanatoria", anche "postuma", cioè ad opera realizzata. Addirittura si prevede la possibilità di continuare i lavori anche se "scoperti" a realizzare un progetto (una cava, un gasdotto ecc.) senza V.I.A. oppure quando il parere V.I.A., se esistente, è stato sospeso o annullato del Tribunale Amministrativo Regionale o in auto-tutela dall'ente che lo ha rilasciato! Il tutto con eventuali sanzioni ridicole di decine di migliaia di euro a fronte di opere che portano guadagni in alcuni casi miliardari.






PER     90     CATEGORIE     DI     OPERE     NIENTE     PARTECIPAZIONE     DEI     CITTADINI

La Verifica di Assoggettabilità a V.I.A. (V.A.), che oggi è un primo filtro per impianti di rifiuti, cave ecc. praticamente diventerà un orpello. Infatti è stata eliminata completamente la fase di partecipazione per i cittadini ed enti locali, che oggi hanno 45 giorni per presentare le osservazioni. Avverrà solo la pubblicazione sul WEB dello scarno documento di "studio preliminare ambientale" da parte del proponente, senza ulteriori elaborati. Da quel momento entro 60 giorni l'ente competente si deve esprimere. La decisione del Ministero dell'Ambiente potrà avvenire anche entro un'ora senza che nessun cittadino o ente locale possa avere anche solo il tempo per accorgersi del deposito del progetto. A quel punto rimarrebbe solo il T.A.R., peraltro sempre con la possibilità di vedere proseguire i cantieri anche in caso di vittoria davanti al tribunale! Una procedura totalmente illegittima in quanto la Convenzione di Aarhus, ratificata dall'Unione Europea e dall'Italia con la legge 108/2001, prevede all'Art.6 che per tutti i progetti che possono avere impatti potenziali sull'ambiente, anche non sottoposti a V.I.A., deve essere assicurata la possibilità e tempi congrui per il deposito di osservazioni da parte dei cittadini

TRADITI LO SPIRITO E LE NORME DELLA DIRETTIVA COMUNITARIA SU PARTECIPAZIONE, CORRUZIONE, QUALITÀ DEGLI STUDI E CONFLITTO  DI INTERESSE

La direttiva comunitaria sulla V.I.A. è stata modificata nel 2014 per garantire:

  • la valorizzazione della partecipazione dei cittadini alle scelte per evitare che si discuta dopo con l'aumento dei conflitti;
  • la trasparenza a tutti i livelli grazie anche alle tecnologie digitali;
  • la prevenzione dei conflitti di interesse e della corruzione;
  • la qualità nelle procedure e nelle scelte attraverso una verifica delle competenze di enti e redattori degli studi di impatto.

Il Decreto va nella direzione esattamente opposta! Basti pensare alla ulteriore chiusura della Commissione VIA nazionale all'ascolto dei territori (non è stata neanche prevista la possibilità di audizioni!), con un ulteriore sbilanciamento a sfavore delle istanze dei cittadini (visto anche l'accentramento di ulteriori competenze) e la totale disattenzione posta al tema dell'inchiesta pubblica che pure in alcune regioni aveva iniziato a dare i suoi frutti.

NIENTE VALUTAZIONI SUGLI IMPATTI SUL PATRIMONIO CULTURALE E SULLA SALUTE

Diversamente da quanto accade oggi, il decreto del Governo non prevede più che nello Studio preliminare ambientale per la Verifica di Assoggettabilità si indichino quali effetti il progetto da realizzare produca sul patrimonio culturale sebbene il decreto dichiari che la VIA debba individuare, descrivere e valutare gli impatti ambientali anche sul patrimonio culturale. Pertanto potranno essere esclusi dalla successiva fase di V.I.A. interventi dal pesante impatto sui beni culturali. Inoltre non vi è alcun riferimento ai potenziali impatti sulla salute. Inoltre l'ambito di applicazione della Valutazione di Impatto Sanitario, oggi prevista solo per le grandi centrali termiche, deve essere ampliato affinchè siano valutati tutti quei progetti che possono avere un impatto sulla salute dei cittadini.





OPERE DA MILIARDI VALUTATE SUGLI SCARNI ELABORATI DELLO STUDIO DI FATTIBILITÀ

La V.A. e la V.I.A. si faranno su elaborati progettuali del livello di dettaglio dello "studio di fattibilità". Oggi per la procedura di V.I.A. si deve depositare il progetto definitivo con dettagli importanti ai fini delle analisi. Con questo decreto i cittadini e gli enti potranno quindi partecipare al procedimento avendo in mano solo "quattro schizzi" privi di dettagli tecnici fondamentali per verificare gli impatti oppure, come sta accadendo frequentemente, per accorgersi di eventuali abusi già fatti.

COMMISSARI V.I.A. SCELTI SENZA CONCORSO

I commissari della commissione VIA nazionale saranno scelti dal Ministro espressamente "senza fare ricorso a procedure concorsuali", alla faccia della Costituzione. Hanno introdotto questa specifica dopo il parree contrario della Corte dei Conti proprio sulle nomine del Ministro Galletti per la nuova commissione V.I.A., bocciatura avvenuta proprio per l'assenza di criteri selettivi. Inoltre è sempre il ministro che nomina la segreteria tecnica composta da funzionari a supporto della commissione VIA nazionale. Il controllo partitico diventerà totale.

MOLTE CATEGORIE DI OPERE DIVENTANO DI COMPETENZA STATALE

Diverse categorie di progetti energetici, infrastrutturali, di impianti (cave ecc.) passano dalla competenza regionale a quella nazionale per sottrarli all'influenza delle comunità che più facilmente fanno sentire la propria voce con le istituzioni locali. Si cerca così di superare surrettiziamente l'esito referendario del 4 dicembre, quando è stata bocciata anche la riforma dell'Art.117 della Costituzione che prevedeva un forte accentramento.

MANCATO COORDINAMENTO DELLE PROCEDURE DI VALUTAZIONE DI INCIDENZA AMBIENTALE.

Tra i principi e criteri direttivi della legge delega c’è anche quello della “semplificazione, armonizzazione e razionalizzazione delle procedure di valutazione di impatto ambientale anche in relazione al coordinamento e all’integrazione con altre procedure volte al rilascio di pareri e autorizzazioni a carattere ambientale”.

Il recepimento della Direttiva doveva essere l'occasione per coordinare veramente le procedure valutative con particolare riferimento alla V.INC.A. visto che, almeno teoricamente, dovrebbe essere uno dei capisaldi delle politiche comunitarie in materia di tutela della Biodiversità.

La Commissione Europea ha aperto la Procedura Pilot 6730/14/ENVI proprio per la scarsa (o nulla) qualità degli studi e delle valutazioni che riguardano migliaia di siti Natura2000 in Italia (e il 10% del territorio nazionale). I gravi limiti del D.P.R.357/97 potevano essere affrontati e risolti in questa sede ma nulla è stato previsto.

I PROGETTI ESCLUSI "D'IMPERIO" DALLA V.I.A.

Il Ministro dell’ambiente potrà, in casi eccezionali, e previo parere del Ministro dei beni culturali, esentare in tutto o in parte la realizzazione di un progetto dalla valutazione di impatto ambientale, qualora l’applicazione della procedura di VIA incida negativamente sulla finalità dello stesso progetto, a condizione che siano rispettati (non si sa bene come) gli obiettivi della normativa nazionale ed europea in materia di valutazione di impatto ambientale. Si tratta di un “potere” di non poco conto, in quanto in questo modo si accorda al Ministro dell’ambiente un potere pressoché discrezionale, che si riassume nel far prevalere le ragioni delle finalità dei progetti da realizzare sulle ragioni della tutela ambientale. Eccezionale, infatti, sarà quel caso che il Ministro riterrà essere tale. 

Vero è che questa possibilità è contemplata dalla direttiva europea che il Governo sta attuando con il suo decreto; ma si tratta appunto di una facoltà e non di un obbligo.

Aggiungiamo che il decreto del Governo deve rispettare i principi e i criteri direttivi fissati dalla legge delega del Parlamento (Legge n. 114/2015), tra i quali il “rafforzamento della qualità della procedura di valutazione di impatto ambientale”. E l’attribuzione di un potere discrezionale di quel tipo in capo al Ministro finisce per vanificare la volontà espressa dal Parlamento attraverso la sua legge.

L'ESCAMOTAGE PER NON FAR SMONTARE PIATTAFORME E RELATIVI GASDOTTI E OLEODOTTI SOTTOMARINI A FINE VITA.

In primo luogo all'Art.25, "Disposizioni attuative" si prevede un escamotage per evitare a fine produzione alle multinazionali di dover smontare le piattaforme oggi esistenti (o quelle ancora da costruire) nonchè gasdotti e oleodotti sottomarini a queste connessi. Infatti al comma 6 si prevede un Decreto del Ministro dello Sviluppo, di concerto con il Ministro dell'Ambiente, con semplice parere della Conferenza tra Stato e regioni, con cui si prevedono le "linee guida per la dismissione mineraria o destinazione ad altri usi delle piattaforme per la coltivazione di idrocarburi in mare e delle infrastrutture connesse". Già immaginiamo i mille e fantasiosi usi che verranno proposti per queste strutture. Un vantaggio di centinaia di milioni di euro, visto che ci sono decine di piattaforme da smantellare e centinaia di chilometri di tubazioni posate sul fondo marino da bonificare. Materiali che rilasciano sostanze nel nostro mare.





DECISIONI SUI PROGETTI PETROLIFERI E LA PROSPEZIONE CON AIRGUN SENZA ALCUN CONFRONTO CON ENTI LOCALI E CITTADINI.

Attualmente il Testo Unico dell'Ambiente D.lgs.152/2006 prevede che tutte le attività del settore siano sottoposte direttamente a Valutazione di Impatto Ambientale, dalla prospezione in mare con la tecnica dell'airgun fino alla coltivazione dei giacimenti, passando per lo scavo dei pozzi, con una fase pubblica di 60 giorni per cittadini ed enti locali per depositare osservazioni. Sui progetti di airgun, ad esempio, ci sono sempre decine di osservazioni di enti e associazioni e un dibattito fortissimo. Proprio come deve avvenire in uno stato democratico avanzato! 

Le direttive comunitarie sulla VIA che si sono succedute, compresa l'ultima, la 52/2014/UE, hanno previsto due liste di progetti. Quelli inseriti nella prima devono sempre fare da subito la V.I.A. completa. Per quelli inseriti nella seconda la Direttiva demanda allo Stato membro di decidere se fare direttamente la V.I.A. o effettuare prima una verifica di assoggettabilità a V.I.A. (screening) sulla base delle condizioni specifiche del proprio territorio e anche della sensibilità della popolazione sugli specifici temi. In Italia sulla questione petrolifera negli ultimi anni c'è stata una fortissima mobilitazione di enti e cittadini. 

In un paese estremamente vulnerabile per i rischi ambientali, da quello sismico a quello idrogeologico, con problemi rilevanti per la qualità dell'aria e dell'acqua, con una densità di popolazione molta alta, beni artistici diffusi, in un territorio unico per le produzioni enogastronomiche, uno si aspetterebbe la massima cautela. Per una volta era accaduto! Infatti si è optato per un regime rigoroso e cautelativo, sottoponendo anche alcuni progetti della seconda lista, le prospezioni con airgun o esplosivi, e tutti i progetti di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi, a V.I.A. diretta. 

Oggi il Governo, modificando gli allegati del Testo Unico dell'Ambiente, sceglie di abbassare le tutele invece di confermarle o aumentarle scegliendo per decine di progetti di fare prima lo screening, togliendo pure il contraddittorio con cittadini, associazioni ed enti locali. 

Tutte le prospezioni, sia con airgun in mare sia con esplosivi, e i progetti petroliferi di coltivazione di giacimenti con produzione fino a 182.500 tonnellate di petrolio o 182 milioni di Mc di gas annua, cioè praticamente la gran parte di quelli del paese, invece di fare la V.I.A. come avviene oggi potranno partire con il semplice screening, con l'aggravante che non vi è la fase di partecipazione. Solo eventuali nuovi pozzi dovranno fare la V.I.A. diretta. Esistono numerosi giacimenti in cui i pozzi sono stati scavati nel passato e vi è la procedura di V.I.A. in corso per la sola coltivazione. Ad esempio, a Comacchio, a S. Maria Nuova nelle Marche oppure a Bomba in Abruzzo. Non è che siccome i pozzi ci sono già non esistono più problemi ambientali potenziali derivanti dalla coltivazione del giacimento. Anzi! La fase estrattiva può avere effetti enormi in aree densamente abitate e delicate dal punto di vista ambientale (Comacchio è sito UNESCO!), dalla subsidenza alla sismicità indotta, passando per la modifica della qualità delle acque, alla gestione dei rifiuti prodotti. Le sole acque di produzione possono ammontare a milioni di mc. 

Ecco, le nuove procedure per questi progetti partiranno dal solo screening senza contraddittorio mentre le procedure di V.I.A. già in essere potranno essere pure riconvertite nel procedimento più favorevole!





LE  90  CATEGORIE  PROGETTUALI  CHE  NON  AVRANNO  PIÙ  LA  FASE  PUBBLICA  DELLE OSSERVAZIONI PER LA PROCEDURA DI VERIFICA DI ASSOGGETTABILITÀ A V.I.A.

In tutta Italia i progetti appartenenti alle seguenti categorie progettuali faranno la procedura della Verifica di Assoggettabilità a V.I.A. (V.A.) senza la fase pubblica. Pertanto, qualora gli enti decidano di non sottoporli alla successiva V.I.A., su questi progetti non vi sarà stato alcun momento di contraddittorio con i cittadini ed enti sugli effetti ambientali e della salute. Attualmente invece ci sono 45 giorni per le osservazioni dal momento del deposito per la V.A.. 

Qui sotto l'elenco completo.

Industria energetica ed estrattiva: 

  • impianti termici per la produzione di energia elettrica, vapore e acqua calda con potenza termica complessiva superiore a 50 MW;
  • attivita' di ricerca sulla terraferma delle sostanze minerali di miniera di cui all'art. 2, comma 2, del regio decreto 29 luglio 1927, n. 1443, ivi comprese le risorse geotermiche con esclusione degli impianti geotermici pilota di cui all'articolo 1, comma 3-bis, del decreto legislativo 11 febbraio 2010, n. 22, e successive modificazioni, incluse le relative attivita' minerarie;
  • impianti industriali non termici per la produzione di energia, vapore ed acqua calda con potenza complessiva superiore a 1 MW;
  • impianti industriali per il trasporto del gas, vapore e dell'acqua calda, che alimentano condotte con una lunghezza complessiva superiore ai 20 km;
  • impianti eolici per la produzione di energia elettrica sulla terraferma con potenza complessiva superiore a 1 MW;
  • installazioni di oleodotti e gasdotti e condutture per il trasporto di flussi di CO2 ai fini dello stoccaggio geologico superiori a 20 km;
  • estrazione di sostanze minerali di miniera di cui all'art. 2, comma 2, del regio decreto 29 luglio 1927, n. 1443, mediante dragaggio marino e fluviale;
  • agglomerazione industriale di carbon fossile e lignite;
  • impianti di superficie dell'industria di estrazione di carbon fossile e di minerali metallici nonche' di scisti bituminose;
  • impianti per la produzione di energia idroelettrica con potenza nominale di concessione superiore a 100 kW e, per i soli impianti idroelettrici che rientrano nella casistica di cui all'articolo 166 del presente decreto ed all'articolo 4, punto 3.b, lettera i), del decreto del Ministro dello sviluppo economico in data 6 luglio 2012, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 159 del 2012, con potenza nominale di concessione superiore a 250 kW;
  • impianti di gassificazione e liquefazione del carbone;
  • impianti per la cattura di flussi di CO2 provenienti da impianti che non rientrano negli allegati II e III al presente decreto ai fini dello stoccaggio geologico a norma del decreto legislativo di recepimento della direttiva 2009/31/CE in materia di stoccaggio geologico di biossido di carbonio;
  • Rilievi geofisici attraverso l'uso della tecnica airgun;
  • Rilievi geofisici attraverso l'uso di esplosivo;
  • Coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi, sulla terraferma e in mare, per un quantitativo estratto inferiore a 500 tonnellate al giorno per il petrolio e a 500.000 mc al giorno per il gas;
  • Impianti per la cattura di flussi di CO2 provenienti da impianti che rientrano nell'allegato III (NOTA: impianti che fanno la V.I.A. di competenza regionale);


Lavorazione dei metalli e dei prodotti minerali:

  • impianti di arrostimento o sinterizzazione di minerali metalliferi che superino 5.000 m 2 di superficie impegnata o 50.000 m3 di volume;
  • impianti di produzione di ghisa o acciaio (fusione primaria o secondaria) compresa la relativa colata continua di capacita' superiore a 2,5 tonnellate all'ora;
  • impianti destinati alla trasformazione di metalli ferrosi mediante:

  1. laminazione a caldo con capacita' superiore a 20 tonnellate di acciaio grezzo all'ora,
  2. forgiatura con magli la cui energia di impatto supera 50 kJ per maglio e allorche' la potenza calorifera e' superiore a 20 MW;
  3. applicazione di strati protettivi di metallo fuso con una capacita' di trattamento superiore a 2 tonnellate di acciaio grezzo all'ora;

  • fonderie di metalli ferrosi con una capacita' di produzione superiore a 20 tonnellate al giorno;
  • impianti di fusione e lega di metalli non ferrosi, compresi i prodotti di recupero (affinazione, formatura in fonderia) con una capacita' di fusione superiore a 10 tonnellate per il piombo e il cadmio o a 50 tonnellate per tutti gli altri metalli al giorno;
  • impianti per il trattamento di superficie di metalli e materie plastiche mediante processi elettrolitici o chimici qualora le vasche destinate al trattamento abbiano un volume superiore a 30m3;
  • impianti di costruzione e montaggio di auto e motoveicoli e costruzione dei relativi motori; impianti per la costruzione e riparazione di aeromobili; costruzione di materiale ferroviario e rotabile che superino 10.000 m 2 di superficie impegnata o 50.000 m3 di volume;
  • cantieri navali di superficie complessiva superiore a 2 ettari;
  • imbutitura di fondo con esplosivi che superino 5.000 m2 di superficie impegnata o 50.000 m3 di volume;
  • cokerie (distillazione a secco di carbone);
  • fabbricazione di prodotti ceramici mediante cottura, in particolare tegole, mattoni, mattoni refrattari, piastrelle, gres o porcellane, con capacita' di produzione di oltre 75 tonnellate al giorno e/o con capacita' di forno superiore a 4 metri cubi e con densita' di colata per forno superiore a 300 kg al metro cubo;
  • impianti per la fusione di sostanze minerali, compresi quelli destinati alla produzione di fibre minerali, con capacita' di fusione di oltre 20 tonnellate al giorno;
  • impianti per la produzione di vetro compresi quelli destinati alla produzione di fibre di vetro, con capacita' di fusione di oltre 20 tonnellate al giorno;
  • impianti destinati alla produzione di clinker (cemento) in forni rotativi la cui capacita' di produzione supera 500 tonnellate al giorno oppure di calce viva in forni rotativi la cui capacita' di produzione supera 50 tonnellate al giorno, o in altri tipi di forni aventi una capacita' di produzione di oltre 50 tonnellate al giorno.


Industria dei prodotti alimentari:

  • impianti per il trattamento e la trasformazione di materie prime animali (diverse dal latte) con una capacita' di produzione di prodotti finiti di oltre 75 tonnellate al giorno;
  • impianti per il trattamento e la trasformazione di materie prime vegetali con una capacita' di produzione di prodotti finiti di oltre 300 tonnellate al giorno su base trimestrale;
  • impianti per la fabbricazione di prodotti lattiero-caseari con capacita' di lavorazione superiore a 200 tonnellate al giorno su base annua;
  • impianti per la produzione di birra o malto con capacita' di produzione superiore a 500.000 hl/anno;
  • impianti per la produzione di dolciumi e sciroppi che superino 50.000 m3 di volume;
  • macelli aventi una capacita' di produzione di carcasse superiori a 50 tonnellate al giorno e impianti per l'eliminazione o il recupero di carcasse e di residui di animali con una capacita' di trattamento di oltre 10 tonnellate al giorno;
  • impianti per la produzione di farina di pesce o di olio di pesce con capacita' di lavorazione superiore a 50.000 q/anno di prodotto lavorato;
  • molitura dei cereali, industria dei prodotti amidacei, industria dei prodotti alimentari per zootecnia che superino 5.000 m 2 di superficie impegnata o 50.000 m3 di volume;
  • zuccherifici, impianti per la produzione di lieviti con capacita' di produzione o raffinazione superiore a 10.000 t/giorno di barbabietole.


Agricoltura:

  • cambiamento di uso di aree non coltivate, semi-naturali o naturali per la loro coltivazione agraria intensiva con una superficie superiore a 10 ettari;
  • iniziale forestazione di una superficie superiore a 20 ettari; deforestazione allo scopo di conversione di altri usi del suolo di una superficie superiore a 5 ettari;
  • impianti per l'allevamento intensivo di animali il cui numero complessivo di capi sia maggiore di quello derivante dal seguente rapporto: 40 quintali di peso vivo di animali per ettaro di terreno funzionalmente asservito all'allevamento. Sono comunque esclusi, indifferentemente dalla localizzazione, gli allevamenti con numero di animali inferiore o uguale a: 1.000 avicoli, 800 cunicoli, 120 posti per suini da produzione (di oltre 30 kg) o 45 posti per scrofe, 300 ovicaprini, 50 posti bovini;
  • progetti di gestione delle risorse idriche per l'agricoltura, compresi i progetti di irrigazione e di drenaggio delle terre, per una superficie superiore ai 300 ettari;
  • impianti di piscicoltura intensiva per superficie complessiva oltre i 5 ettari;
  • progetti di ricomposizione fondiaria che interessano una superficie superiore a 200 ettari.


Industria dei tessili, del cuoio, del legno della carta:

  • impianti di fabbricazione di pannelli di fibre, pannelli di particelle e compensati, di capacita' superiore alle 50.000 t/anno di materie lavorate;
  • impianti per la produzione e la lavorazione di cellulosa, fabbricazione di carta e cartoni di capacita' superiore a 50 tonnellate al giorno;
  • impianti per il pretrattamento (operazioni quali il lavaggio, l'imbianchimento, la mercerizzazione) o la tintura di fibre, di tessili, di lana la cui capacita' di trattamento supera le 10 tonnellate al giorno;
  • impianti per la concia del cuoio e del pellame qualora la capacita' superi le 3 tonnellate di prodotto finito al giorno.


Industria della gomma e delle materie plastiche:

  • fabbricazione e trattamento di prodotti a base di elastomeri con almeno 25.000 tonnellate/anno di materie prime lavorate.


Progetti di infrastrutture:

  • progetti di sviluppo di zone industriali o produttive con una superficie interessata superiore ai 40 ettari;
  • progetti di sviluppo di aree urbane, nuove o in estensione, interessanti superfici superiori ai 40 ettari; progetti di riassetto o sviluppo di aree urbane all'interno di aree urbane esistenti che interessano superfici superiori a 10 ettari; costruzione di centri commerciali di cui al decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114 "Riforma della disciplina relativa al settore del commercio, a norma dell'articolo 4, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59"; parcheggi di uso pubblico con capacita' superiori a 500 posti auto;
  • piste da sci di lunghezza superiore a 1,5 km o che impegnano una superficie superiore a 5 ettari nonche' impianti meccanici di risalita, escluse le sciovie e le monofuni a collegamento permanente aventi lunghezza inclinata non superiore a 500 metri, con portata oraria massima superiore a 1800 persone;
  • derivazione di acque superficiali ed opere connesse che prevedano derivazioni superiori a 200 litri al secondo o di acque sotterranee che prevedano derivazioni superiori a 50 litri al secondo, nonche' le trivellazioni finalizzate alla ricerca per derivazioni di acque sotterranee superiori a 50 litri al secondo;
  • interporti, piattaforme intermodali e terminali intermodali;
  • porti e impianti portuali marittimi, fluviali e lacuali, compresi i porti di pesca, vie navigabili;
  • strade extraurbane secondarie;
  • strade extraurbane secondarie non comprese nell'Allegato II-bis e strade urbane con lunghezza superiore a 1.500 metri non comprese nell'Allegato III;
  • linee ferroviarie a carattere regionale o locale;
  • sistemi di trasporto a guida vincolata (tramvie e metropolitane), funicolari o linee simili di tipo particolare, esclusivamente o principalmente adibite al trasporto di passeggeri;
  • acquedotti con una lunghezza superiore ai 20 km;
  • opere costiere destinate a combattere l'erosione e lavori marittimi volti a modificare la costa, mediante la costruzione di dighe, moli ed altri lavori di difesa del mare;
  • opere di canalizzazione e di regolazione dei corsi d'acqua;
  • aeroporti;
  • porti turistici e da diporto, quando lo specchio d'acqua e' inferiore o uguale a 10 ettari, le aree esterne interessate non superano i 5 ettari e i moli sono di lunghezza inferiore o uguale a 500 metri, nonche' progetti di intervento su porti gia' esistenti;
  • impianti di smaltimento di rifiuti urbani non pericolosi, mediante operazioni di incenerimento o di trattamento, con capacita' complessiva superiore a 10 t/giorno (operazioni di cui all'allegato B, lettere D2 e da D8 a D11, della parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152); impianti di smaltimento di rifiuti non pericolosi, mediante operazioni di raggruppamento o di ricondizionamento preliminari, con capacita' massima complessiva superiore a 20 t/giorno (operazioni di cui all'allegato B, lettere D13 e D14 del decreto legislativo 152/2006);
  • impianti di smaltimento di rifiuti speciali non pericolosi, con capacita' complessiva superiore a 10 t/giorno, mediante operazioni di incenerimento o di trattamento (operazioni di cui all'allegato B, lettere D2 e da D8 a D11, della parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152);
  • impianti di smaltimento di rifiuti speciali non pericolosi mediante operazioni di deposito preliminare con capacita' massima superiore a 30.000 m3 oppure con capacita' superiore a 40 t/giorno (operazioni di cui all'allegato B, lettera D15, della parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152);
  • discariche di rifiuti urbani non pericolosi con capacita' complessiva inferiore ai 100.000 m3 (operazioni di cui all'allegato B, lettere D1 e D5, della parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152);
  • impianti di depurazione delle acque con potenzialita' superiore a 10.000 abitanti equivalenti;
  • elettrodotti aerei esterni per il trasporto di energia elettrica, non facenti parte della rete elettrica di trasmissione nazionale, con tensione nominale superiore a 100 kV e con tracciato di lunghezza superiore a 3 km.
  • Impianti di smaltimento e recupero di rifiuti pericolosi, mediante operazioni di cui all'allegato B, lettere D2, D8 e da D13 a D15, ed all'allegato C, lettere da R2 a R9, della parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.ùImpianti di smaltimento e recupero di rifiuti non pericolosi, con capacita' complessiva superiore a 10 t/giorno, mediante operazioni di cui all'allegato C, lettere da R1 a R9, della parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.


Altri progetti

  • villaggi turistici di superficie superiore a 5 ettari, centri residenziali turistici ed esercizi alberghieri con oltre 300 posti-letto o volume edificato superiore a 25.000 m3 o che occupano una superficie superiore ai 20 ettari, esclusi quelli ricadenti all'interno di centri abitati;
  • piste permanenti per corse e prove di automobili, motociclette ed altri veicoli a motore;
  • centri di raccolta, stoccaggio e rottamazione di rottami di ferro, autoveicoli e simili con superficie superiore a 1 ettaro;
  • banchi di prova per motori, turbine, reattori quando l'area impegnata supera i 500m2;
  • fabbricazione di fibre minerali artificiali che superino 5.000 m2 di superficie impegnata o 50.000 m3 di volume;
  • fabbricazione, condizionamento, carico o messa in cartucce di esplosivi con almeno 25.000 tonnellate/anno di materie prime lavorate;
  • Stoccaggio di petrolio, prodotti petroliferi, petrolchimici e chimici pericolosi, a sensi della legge 29 maggio 1974, n. 256, e successive modificazioni, con capacita' complessiva superiore a 1.000 m3;
  • recupero di suoli dal mare per una superficie che superi i 10 ettari;
  • cave e torbiere;
  • trattamento di prodotti intermedi e fabbricazione di prodotti chimici per una capacita' superiore a 10.000 t/anno di materie prime lavorate;
  • produzione di pesticidi, prodotti farmaceutici, pitture e vernici, elastomeri e perossidi, per insediamenti produttivi di capacita' superiore alle 10.000 t/anno in materie prime lavorate;
  • depositi di fanghi, compresi quelli provenienti dagli impianti di trattamento delle acque reflue urbane, con capacita' superiore a 10.000 metri cubi;
  • impianti per il recupero o la distruzione di sostanze esplosive;
  • stabilimenti di squartamento con capacita' di produzione superiore a 50 tonnellate al giorno
  • terreni da campeggio e caravaning a carattere permanente con capacita' superiore a 300 posti roulotte caravan o di superficie superiore a 5 ettari;
  • parchi tematici di superficie superiore a 5 ettari;
  • progetti di cui all'allegato III, che servono esclusivamente o essenzialmente per lo sviluppo ed il collaudo di nuovi metodi o prodotti e che non sono utilizzati per piu' di due anni.
  • modifiche o estensioni di progetti di cui all'allegato III o all'allegato IV già autorizzati, realizzati o in fase di realizzazione, che possono avere notevoli ripercussioni negative sull'ambiente (modifica o estensione non inclusa nell'allegato III).





RIPARTIZIONE DEI PROGETTI TRA STATO E REGIONI E TRA V.I.A. E V.A.: COSA CAMBIA


V.I.A.: progetti che diventano di competenza nazionale dall'attuale competenza regionale:

  • c) Impianti termici per la produzione di energia elettrica, vapore e acqua calda con potenza termica complessiva superiore a 150 MW;

  • c bis) Impianti eolici per la produzione di energia elettrica sulla terraferma, con procedimento nel quale e' prevista la partecipazione obbligatoria del rappresentante del Ministero per i beni e le attività' culturali; (NOTA: SUPERIORI A 30 MW)
  • h) Stoccaggio di petrolio, prodotti petroliferi, petrolchimici e chimici pericolosi, a sensi della legge 29 maggio 1974, n. 256, e successive modificazioni, con capacita' complessiva superiore a 40.000 m3 .

  • ab) Stoccaggio di gas combustibili in serbatoi sotterranei artificiali con una capacita' complessiva superiore a 80.000 m3 .

  • l) Porti turistici e da diporto quando lo specchio d'acqua e' superiore a 10 ettari o le aree esterne interessate superano i 5 ettari oppure i moli sono di lunghezza superiore ai 500 metri.

  • "attività di ricerca e coltivazione delle seguenti sostanze minerali:

  1. minerali utilizzabili per l'estrazione di metalli, metalloidi e loro composti; 
  2. grafite, combustibili solidi, rocce asfaltiche e bituminose;
  3. sostanze radioattive;"




Progetti che attualmente sono aggettati a V.I.A. diretta nazionale e che adesso potrebbero partire dalla semplice V.A., sempre di competenza nazionale (senza fase di osservazioni):

  • Rilievi geofisici attraverso l'uso della tecnica airgun.
  • Rilievi geofisici attraverso l'uso di esplosivo.
  • Coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi, sulla terraferma e in mare, per un quantitativo estratto inferiore a 500 tonnellate al giorno per il petrolio e a 500.000 mc al giorno per il gas


NOTE:

  • l'attuale versione del D.lgs.152/2006 fa sì che in Italia siano stati finora sottoposti ad una norma più stringente - V.I.A. DIRETTA - rispetto a quanto previsto dalla Direttiva Comunitaria, che prevede per questi progetti la V.A.
  • la coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi superiore a queste quantità è sottoposta a V.I.A.



Progetti in V.A. (privata della fase delle osservazioni) che passano alla competenza nazionale dall'attuale competenza regionale:

  • a) impianti termici per la produzione di energia elettrica, vapore e acqua calda con potenza termica complessiva superiore a 50 MW;
  • f) installazioni di oleodotti e gasdotti e condutture per il trasporto di flussi di CO2 ai fini dello stoccaggio geologico superiori a 20 km;
  • e) interporti, piattaforme intermodali e terminali intermodali;
  • f) porti e impianti portuali marittimi, fluviali e lacuali, compresi i porti di pesca, vie navigabili;
  • g) strade extraurbane secondarie (NOTA: aggiunto "di interesse nazionale");
  • z) elettrodotti aerei esterni per il trasporto di energia elettrica, non facenti parte della rete elettrica di trasmissione nazionale, con tensione nominale superiore a 100 kV e con tracciato di lunghezza superiore a 3 km.
  • m) acquedotti con una lunghezza superiore ai 20 km;
  • p) aeroporti;
  • q) porti turistici e da diporto, quando lo specchio d'acqua e' inferiore o uguale a 10 ettari, le aree esterne interessate non superano i 5 ettari e i moli sono di lunghezza inferiore o uguale a 500 metri, nonché progetti di intervento su porti già esistenti;



UN APPROFONDIMENTO ANALITICO DEL TESTO DEL DECRETO: COSA CAMBIA PER CITTADINI, ENTI E RAPPORTO STATO-REGIONI.


A cura di Augusto De Sanctis, Forum Italiano dei Movimenti per l'Acqua.
Hanno collaborato Enzo Di Salvatore e Solange Manfredi


Osservazioni allo "schema di decreto legislativo recante ”Attuazione della direttiva 2014/52/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 16/04/2014 che modifica la direttiva 2011/92/UE concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati” approvato dal Consiglio dei Ministri del 10.3.2017, all'esame alla Camera dei Deputati (Atto del Governo n. 401).

Testo del decreto qui: 
  • http://www.camera.it/leg17/682?atto=401&tipoAtto=Atto&leg=17&tab=2#inizio
Testo della Direttiva 2014/52/UE qui:
  • http://www.va.minambiente.it/it-IT/Comunicazione/DettaglioDirezione/671 )


Nelle premesse è incredibilmente omesso del tutto il riferimento al Decreto Legislativo 19 agosto 2005, n. 195 "Attuazione della direttiva 2003/4/CE sull'accesso del pubblico all'informazione ambientale", vero e proprio caposaldo delle normative sulla diffusione dei dati ambientali, compresi quelli di monitoraggio delle attività che possono avere un impatto sull'ambiente.

Art.2 comma 1. Nella definizione di V.I.A. di fatto viene esclusa la Verifica di Assoggettabilità dall'ambito della procedura complessiva di V.I.A. mentre oggi è inclusa.

Art.2 comma 1 lettera b) ai fini dei procedimenti di V.I.A. il proponente deve depositare, oltre allo Studio di Impatto Ambientale, elaborati progettuali di livello equivalente al "progetto di fattibilità" mentre oggi avviene il deposito del Progetto definitivo. Per progetti complessi e rilevanti come quelli che vanno a V.I.A. (ad esempio, inceneritori oppure grandi centrali termoelettriche da 800-1600 Mw; lunghi elettrodotti da 380 Mw, petrolchimici ecc.) è assolutamente necessario avere elaborati sufficientemente dettagliati quali quelli del progetto definitivo per poter comprendere realmente la tipologia di impianto.

Art. 2 comma 1 lettera g): quando si parla delle prescrizioni al provvedimento di Verifica di Assoggettabilità (definite "condizione ambientale del provvedimento di verifica di assoggettabilità a V.I.A."), si inserisce un "se richiesta dal proponente", di fatto limitando la possibilità per l'ente competente di imporre prescrizioni proprie. Lo conferma il successivo punto relativo alle prescrizioni del provvedimento di V.I.A. che invece non contiene questo inciso, lasciando quindi la possibilità all'ente competente di imporre le prescrizioni che ritiene opportune.

Art.3 comma 1: Riteniamo che l'ambito di applicazione delle Valutazione d'Impatto Sanitario, di cui all'attuale art.26 del D.lgs.152/2006, vada ampliato ai progetti che possono avere conseguenze sanitarie.

Art.3 comma 7 lettera b): si conferma la V.I.A. per alcune opere che di solito fanno la V.A. se ricadenti all'interno delle aree protette. Sarebbe però il caso di inserire questa specifica previsione anche per i siti della rete Natura2000.

Art.3 comma 7 lettera d) Riguarda la sottoposizione a V.I.A. di estensioni di progetti che ricadono nella categoria della V.I.A.
In primo luogo manca il riferimento alle estensioni dei progetti in V.I.A. di carattere regionale, essendo citato solo l'allegato II (progetti nazionali) e non l'allegato III.
Inoltre questa formulazione sembra escludere dalla V.I.A. immediata tutte le estensioni o le modifiche di progetti che, sulla base del Decreto, paiono dover fare comunque prima la V.A. (e, quindi, potrebbero essere escluse dalla V.I.A.). Invece la direttiva parla chiaro: tutte le modifiche ed estensioni di progetti che rientrano nelle categorie sottoposte a V.I.A., almeno quelle superanti le soglie, devono fare anch'esse la V.I.A. senza passare per la fase di V.A. L'Art.3 comma 9 rafforza questa criticità, almeno per le categorie degli allegati II e III (categorie di progetti con V.I.A. diretta). Bisogna scrivere chiaramente che le estensioni e le modifiche dei progetti degli allegati II e III sono sottoposti a V.I.A. secondo la dizione dell'Allegato I della Direttiva (" Ogni modifica o estensione dei progetti elencati nel presente allegato, ove la modifica o l’estensione di per sé sono conformi agli eventuali valori limite stabiliti nel presente allegato.").

Art.6 comma 2. L'individuazione dei commissari della Commissione V.I.A. nazionale, non prevede criteri selettivi e, anzi, esclude chiaramente la necessità di procedure concorsuali, rimandando la scelta ad una indicazione del Ministro. Essendo una commissione tecnica, come ribadito recentemente dalla Corte dei Conti, appare del tutto evidente il contrasto con i principi costituzionali relativi al merito, nonchè con la stessa Direttiva Comunitaria che all'art.5 comma 3 sottolinea l'importanza delle competenze all'interno delle autorità che devono prendere le decisioni. Tra i criteri selettivi ovviamente è del tutto evidente che bisogna inserire, ad esempio, le pubblicazioni scientifiche nazionali o, meglio, internazionali, gli altri titoli (dottorati di ricerca, assegni di ricerca). Inoltre non si comprende quali siano le competenze necessarie dei commissari, almeno per area (scienze della terra; biologia; scienze naturali; medicina ecc).

Art. 6 comma 3. Anche i funzionari istruttori a supporto della Commissione (Comitato Tecnico Istruttorio) sono nominati direttamente dal Ministro senza alcuna procedura di selezione comparativa tra i curricula disponibili. Anche in questo caso non vi è alcun riferimento alle aree di competenza necessarie se non per la parte relativa alle unità indicate del Ministero della Salute (comunque un setttore anch'esso troppo vasto; ad esempio: servono epidemiologi? esperti in radiazioni? ecc.).

Art.6 comma 4. Il  comma prevede l'emanazione di decreti relativi alla forme organizzative e di funzionamento della Commissione e del Comitato Tecnico Istruttorio ma, appunto, non prevede l'aspetto più importante, quello del censimento dei profili di competenza necessari.

Art.6 comma 6. Per quanto riguarda la prevenzione di situazione di conflitto di interesse e/o della corruzione si fa un generico riferimento al D.lgs.39/2013 e alla Legge 241/90 (art.6bis, conflitto di interesse). Intanto incredibilmente la sanzione prevista (decadenza dall'incarico) riguarda solo l'eventuale violazione del primo provvedimento e non della 241/90, che invece è la condizione potenzialmente più rilevante per i commissari della Commissione VIA (visti anche i recenti precedenti denunciati anche dalla stampa e i Parlamento e neanche smentiti dal governo). Poi non vengono individuate le vere problematiche di conflitto di interesse dei commissari, soprattutto per quanto riguarda i rapporti con le grandi committenze prima e dopo l'incarico. E' assolutamente necessario introdurre misure specifiche di incompatibilità per chi abbia svolto direttamente o indirettamente consulenze negli anni immediatamente precedenti nonchè limiti per gli anni successivi all'incarico. Inoltre è importante stabilire limiti chiari per il numero di progetti che può seguire un R.U.P. e una rotazione tassativa degli incarichi, visto che esistono RUP che seguono decine di progetti contemporaneamente.

Art.6 comma 7. A peggiorare il quadro relativo alle competenze, con spirito diametralmente opposto a quello della Direttiva, si prevede solo un generico richiamo per le procedura di competenza regionale affinchè siano assicurate adeguate competenze tecnico-scientifiche. È sostanzialmente un mero auspicio, senza alcun elemento di certezza (ad esempio, personale con pubblicazioni scientifiche; settori di competenza da coprire; verifiche periodiche delle competenze ecc.). Inoltre non sono previste indicazioni sulla prevenzione della corruzione e dei conflitti di interesse.

Art.8 comma 1. Nella Verifica di Assoggettabilità a V.I.A. (V.A.) si prevede esclusivamente il deposito dello Studio Preliminare Ambientale mentre oggi il proponente deve depositare anche il Progetto preliminare. Senza elaborati progettuali, anche almeno del livello dello Studio di fattibilità se  non  del Progetto Definitivo, è praticamente impossibile comprendere il reale inserimento del progetto nell'ambiente e sul territorio nonchè assicurare i controlli (soprattutto in caso di modifiche ad impianti/progetti esistenti).

Art.8 comma 2. Si prevede, in maniera del tutto scorretta, un automatismo nell'esclusione di contenuti nel Rapporto Preliminare Ambientale se il proponente indica che sono coperti da segreto industriale. Attualmente tale richiesta è posta al vaglio dell'Autorità competente che deve bilanciare il diritto dei cittadini (e degli altri enti) di conoscere le caratteristiche dei progetti che sono sottoposti a valutazione con il segreto industriale. Come ha osservato correttamente l’avv. Michele Greco: la specialità della normativa in materia di informazione ambientale - artt. 3 sexies D. Lgs. 152/2006 e s.m.i.; 3 D. Lgs. 195/2005; 40 D. Lgs. 33/2013 - esclude l’opponibilità del segreto industriale e/o commerciale ogni qualvolta si tratti di accesso a documenti riguardanti un impianto suscettibile di produrre emissioni nell’ambiente; la valutazione ponderata tra l’interesse pubblico all’informazione ambientale e l’interesse privato è in questi casi stata effettuata direttamente dal legislatore, prediligendo il primo rispetto al secondo. Ciò precisato in via generale, occorre rilevare come attualmente in materia di V.I.A. l’art. 9 comma 4 del D.Lgs 152/2006 imponga all’autorità competente di accogliere o respingere la richiesta di secretazione, purché venga data adeguata motivazione del bilanciamento effettuato tra l’interesse alla riservatezza e l’interesse pubblico all’accesso alle informazioni (“L'autorità competente, verificate le ragioni del proponente, accoglie o respinge motivatamente la richiesta soppesando l'interesse alla riservatezza con l'interesse pubblico all'accesso alle informazioni”). D’altra parte, la direttiva 2014/52/UE ha ulteriormente rafforzato gli istituti partecipativi in materia di V.I.A. stabilendo che l’autorità competente “deve assicurare trasparenza e responsabilità documentando la propria decisione e considerando i risultati delle consultazioni effettuate e delle pertinenti informazioni raccolte” (considerando n. 34). Tale obiettivo è stato raggiunto inserendo all’art. 8 bis della direttiva 2011/92/UE la previsione che “le decisioni vanno sempre motivate dall’autorità competente”; quando si riferisce alle “decisioni”, è evidente che il legislatore comunitario ha in mente tutte le decisioni, ivi comprese quelle con le quali viene accolta la richiesta dalla proponente finalizzata ad ottenere la secretazione di alcuni documenti. A questo proposito, rileva anche il considerando n. 23 della Direttiva 2014/52/UE, ove è previsto che ai fini della valutazione l’autorità competente deve considerare le informazioni fornite dal committente e quelle ricevute attraverso le consultazioni, oltre a qualsiasi informazione supplementare.

È evidente che se non è stato consentito loro di visionare una parte della documentazione non sarà possibile ai portatori di interessi oppositivi fornire in parte qua  nuovi o ulteriori elementi conoscitivi e valutativi; l’autorità competente non potrà, per l’effetto, assumere una decisione che sia effettivamente frutto della valutazione delle informazioni pervenute da tutte le parti del procedimento (come richiesto dalla ratio informatrice della normativa in materia di V.I.A. comunitaria e di recepimento sopra richiamata, che risulta pertanto manifestamente violata).


Tutto ciò viola il principio del bilanciamento comunitario. Principio fondamentale in materia ambientale è quello del bilanciamento, inteso nella sua duplice accezione di criterio finalizzato, in primo luogo  a comporre in modo ragionevole l’interesse alla tutela dell’ambiente con tutti gli altri interessi di pari livello che interagiscono nel caso concreto, e in secondo luogo, a meglio definire lo stesso interesse ambientale considerato di per sé, in quanto ontologicamente complesso. Qualsiasi operazione di  bilanciamento chiama in causa la necessità che venga assicurato il maggior grado di competenza e professionalità possibile in coloro che devono prendere decisioni, alla luce dei migliori dati tecnici e scientifici a disposizione.

Art.8 comma 2. È bene indicare che la pubblicazione tempestiva nel sito WEB dell'autorità determina la piena accessibilità a tutti, senza password o altre barriere.

Art.8 comma 5. Nel caso di richieste di integrazioni allo Studio Preliminare Ambientale deve essere chiarito che una volta ricevute devono essere anch'esse pubblicate sul sito WEB dell'autorità competente, accessibili al pubblico, prima della decisione.

Art.8 comma 6. Si prevede il rilascio del parere sulla Verifica di Assoggettabilità a V.I.A. entro 60 giorni dal deposito. Questo vuol dire che il parere potrà essere rilasciato anche 30 minuti dopo il deposito! La pubblicazione sul WEB permette la conoscenza da parte del pubblico, ovviamente con maggiori probabilità man mano che passano i giorni dal deposito. Questo fa sì che più giorni passano più ci sarà la possibilità che cittadini/enti ecc. possano opporsi al progetto. È lecito aspettarsi, quindi, una pressione enorme dei proponenti sui funzionari addetti all'istruttoria per il rilascio del parere nel più breve tempo possibile e, dall'altro lato, un enorme potere in capo ai decisori rispetto al proponente. Una norma che non solo espone questa fase del procedimento ad atteggiamenti corruttivi ma che è anche contraria all'Art.6 della Convenzione di Aarhus che dispone che gli organismi pubblici assicurano, per tutti i progetti con potenziali effetti sull'ambiente, anche quelli non sottoposti a procedure di V.I.A., tempi adeguati per le osservazioni. Crediamo che la norma debba prevedere che il rilascio del parere avvenga tra il trentesimo e il sessantesimo giorno dalla comparsa sul sito WEB dell'ente competente dello Studio Preliminare Ambientale (nonchè, come richiesto, degli elaborati progettuali) nonchè il ripristino della fase delle osservazioni.

Art.8 comma 7. Si ribadisce che le prescrizioni ("condizioni ambientali") possono essere introdotte nel provvedimento di non assoggettabilità a V.I.A. solo "ove richiesto dal proponente". Inoltre, accolta la proposta di garantire la possibilità di intervento per il pubblico/enti anche nella V.A., bisognerebbe specificare che il provvedimento contiene le controdeduzioni ad eventuali osservazioni giunte.

Art.9 comma 1. Anche in questo caso si dà ampia discrezionalità alle autorità competenti in materia di V.I.A. per selezionare il tipo di elaborati che il proponente deve depositare assieme allo Studio di Impatto Ambientale. Il livello minimo sarà quello dello studio di fattibilità quando attualmente bisogna depositare gli elaborati del progetto definitivo. Ci pare anche in questo caso una norma che rischia di esacerbare i fenomeni corruttivi in quanto appare evidente che ci sarà da un lato una forte pressione da parte del proponente per porter depositare la minore quantità di elaborati e, dall'altro lato, l'aumento del potere dei funzionari di applicare un amplissimo potere discrezionale nel determinare il livello di approfondimento richiesto (cosa che incide anche sui costi per il proponente, ovviamente). Tra l'altro queste scelte sarebbero anche difficilmente sindacabili davanti al T.A.R. in quanto: a)i giudici non possono entrare nel merito tecnico delle scelte se non in casi limite di palese illogicità; b)la giurisprudenza ha già chiarito che la V.I.A. ha già ora margini di discrezionalità importanti. Aumentarli ulteriormente ci appare pericoloso. E' necessario, quindi, ritornare, come minimo, al deposito degli elaborati del progetto definitivo da parte del proponente. In secondo luogo, fermo restando che può essere utile una fase di interlocuzione preliminare al deposito per concordare eventuali specifici documenti, anche settoriali, a seconda della tipologia progettuale, riteniamo altrettanto importante prevedere che la lista della proposta degli elaborati che il proponente può presentare deve essere comunque pubblicata sul sito WEB dell'autorità competente in modo tale da garantire la possibilità per il pubblico ed altri enti di presentare proprie proposte.

Art.10 comma 1. Anche in questo passaggio bisogna reinserire che comunque gli elaborati progettuali minimi sono quelli del progetto definitivo.

Art.10 comma 2. Si prevede, in maniera del tutto scorretta, un automatismo nell'esclusione di contenuti nel Rapporto Preliminare Ambientale se il proponente indica che sono coperti da segreto industriale. Attualmente tale richiesta è posta al vaglio dell'Autorità competente che deve bilanciare il diritto dei cittadini (e degli altri enti) a conoscere le caratteristiche dei progetti che sono sottoposti a valutazione con il segreto industriale.

Art.10 comma 3. Bisogna specificare che la decisione dell'Autorità sul livello di dettaglio degli elaborati debba comunque prevedere la controdeduzione di eventuali osservazioni di terzi (cittadini, associazioni, comitati o altri enti).

Art.22 comma 3 lettera b). Nella descrizione degli effetti dei progetti non è prevista quella sugli eventuali impatti della fase di dismissione.

Art.22 comma 5 lettera c). Si richiede che l'esattezza della documentazione depositata dal proponente sia attestata "da professionisti iscritti agli albi professionali ovvero da esperti che sottoscrivono lo studio di impatto ambientale". La Direttiva richiede che sia garantita la completezza e la qualità degli elaborati e che lo studio di impatto sia elaborato da "esperti competenti". Ci pare che la mera iscrizione agli albi non garantisca che siano esperti nel settore specifico che deve essere indagato nello studio. Gli studi di impatto ambientali sono caratterizzati (o, meglio dovrebbero essere caratterizzati) da un'ampia interdisciplinarietà attenendo a molteplici campi del sapere tecnico-scientifico. In uno studio si devono presentare e valutare gli impatti sul suolo e sull'atmosfera, sulla fauna e sulla flora, sui rischi di incidentalità ecc. Quando una persona ha sintomi di mal di cuore va dal cardiologo specialista e non dal semplice medico di famiglia (e lo stesso medico di famiglia lo manda dallo specialista se il malato arriva nel suo studio). Il Decreto non dice in alcun modo come migliorare la qualità degli studi. Ad esempio, che bisogna garantire la multidisciplinarietà, che gli esperti sono tali avendo pubblicazioni scientifiche nazionali o internazionali nel campo specifico ecc. Inoltre non dice nulla sulla prevenzione del conflitto di interessi del proponente nonchè dei redattori degli studi che, ricordiamolo, pur  essendo pagati dai proponenti dovrebbero mantenere una terzietà.

Art.12 comma 4. Si prevede, in maniera del tutto scorretta, un automatismo nell'esclusione di contenuti nello Studio di Impatto Ambientale se il proponente indica che sono coperti da segreto industriale. Attualmente tale richiesta è posta al vaglio dell'Autorità competente che deve bilanciare il diritto dei cittadini (e degli altri enti) a conoscere le caratteristiche dei progetti che sono sottoposti a valutazione con il segreto industriale.

Art.13 comma 1.  La mera pubblicazione dell'avviso di deposito sul WEB dello Studio di ImpattAmbientale non rispetta quanto previsto dalla Direttiva all'Art.6 commi 2 e 5  sulla  partecipazione  del pubblico e, in generale, evidenzia il "fastidio" che si avverte nel Decreto rispetto al tema della partecipazione e dei contributi che cittadini ed altri enti possono apportare mentre la Direttiva ne richiede, all'opposto, la valorizzazioneSul punto specifico la direttiva richiede forme proattive e dettagliate di coinvolgimento del pubblico. Riprendiamo alcuni passaggi dalla Direttiva. All'Art.6 comma 2 prevede che il pubblico sia avvisato "per via elettronica e mediante pubblici avvisi oppure in altra forma adeguata" (si noti l'"e"). All'art.6 comma 2 "Gli Stati membri stabiliscono le modalità dettagliate di informazione del pubblico, ad esempio mediante affissione entro un certo raggio o mediante pubblicazione nei giornali locali, e di consultazione del pubblico interessato, ad esempio per iscritto o tramite l'indagine pubblica...".
Non ci pare proprio che la mera pubblicazione sul WEB dell'avviso possa essere considerata una modalità dettagliata di organizzazione della consultazione del pubblico. Mentre la Direttiva richiede uno sforzo in più rispetto al passato di coinvolgimento dei cittadini qui addirittura si fa un passo indietro rispetto a quanto richiesto finora (pubblicazione sul WEB e avviso sui giornali locali e nazionali)!
Crediamo che prevedere l'organizzazione di incontri territoriali con le principali associazioni/comitati e con gli enti locali precedute da inviti specifici e da affissione nei pubblici spazi nei comuni interessati dall'opera, che precedano la pubblicazione sul WEB, sia uno degli strumenti indispensabili per garantire un'effettiva informazione delle procedure in corso (a parte l'inchiesta pubblica di cui diremo in seguito).

Art.13 comma 4. L'inchiesta pubblica è una delle forme di partecipazione pià importanti e, a parole, tante forze politiche (e l'allora premier Monti per la questione del T.A.V. in Val di Susa) hanno sottolineato l'importanza della fase di dibattito pubblico per le grandi opere. Facciamo notare che dal 2006 esiste la possibilità di procedere con l'inchiesta pubblica visto che lo prevede l'attuale D.lgs.152/2006 all'Art.24. Purtroppo il Ministero dell'Ambiente non l'ha mai applicato proprio perchè viene data come mera possibilità. Mancando la volontà, non viene svolta. Invece qualche regione ha previsto e dettagliato in questi anni specifici percorsi e ha attivato diverse procedure pubbliche.
Una Regione come l'Abruzzo, ad esempio, ha attivato recentemente diverse inchieste pubbliche e comunque garantisce da anni almeno l'audizione di chi ne fa richiesta presso la Commissione V.I.A. regionale, le cui convocazioni con l'ordine del giorno sono pubblicate sul WEB e inviate a tutti i consiglieri regionali entro una settimana dall'incontro. In questo modo la Commissione regionale negli anni si è resa conto di errori di istruttoria, false dichiarazioni dei proponenti ecc. proprio in quell'ottica di scambio di informazioni con enti locali e cittadini che spesso conoscono i progetti e i territori molto meglio dei commissari. Chi ha avuto a che fare con la Commissione V.I.A. nazionale sa benissimo che una cosa del genere è distante anni luce dal modo di procedere ministeriale. Addirittura non vengono auditi neanche i sindaci di grandi comuni che ne fanno richiesta quando la procedura di V.I.A. non è solo, come ribadito dalla Corte Costituzionale (sentenza 81 del 24/04/2013), un mero procedimento tecnico ma il frutto di valutazioni multidisciplinari e di considerazioni che devono bilanciare interessi spesso contrapposti visto che stiamo parlando della destinazione d'uso di interi territori.
Ebbene, nel Decreto non si fa  altro che ripetere la formuletta della mera  "possibilità" di promuovere l'inchiesta pubblica, con un comma estremamente povero. Ci viene da dire, vista l'impostazione dell'intero provvedimento, che è lecito aspettarsi che per altri decenni questa  non sarà mai attuata almeno a livello ministeriale.

A nostro avviso la partecipazione può essere garantita e migliorata, ad esempio, attraverso:

a) la conoscenza dell'ordine del giorno dei lavori della Commissione V.I.A., da pubblicare sul WEB dell'autorità competente e da inviare a parlamentari per le procedure nazionali;

b) la possibilità, in forma organizzata, di poter avere audizioni presso la Commissione V.I.A.;

c) che i lavori della Commissione V.I.A. prevedano obbligatoriamente sopralluoghi nelle aree interessate assieme agli enti locali;

d) che l'inchiesta pubblica sia obbligatoria su richiesta di un numero di enti locali e/o cittadini e/o associazioni riconosciute.

Art.13 comma 6. Si prevede per le procedure di V.I.A. la ripubblicazione (con dimezzamento dei tempi per le osservazioni) in caso di integrazioni/modifiche sostanziali di elaborati e/o progetto. Non si pone, però, un limite al numero di volte in cui può essere reiterato questo processo.
Attualmente esistono in commissione VIA nazionale procedimenti che hanno visto anche 4 cicli di ripubblicazione (!).

Praticamente è un progressivo aggiustamento del progetto, evidentemente sbagliato in partenza, sfruttando magari le osservazioni contrarie del pubblico come se i cittadini fossero correttori di bozze dei privati. Si deve esplicitare chiaramente che tale ripubblicazione può avvenire una sola volta (quindi prima pubblicazione + al massimo una sola ripubblicazione).

Art.14 comma 1. Nella valutazione dei progetti deve essere inserita chiaramente la necessità di rispettare gli standard di qualità europei per le componenti ambientali (suolo, acqua, aria). Ancora oggi in situazioni che già non rispettano i livelli di qualità ambientale obbligatori continuano ad essere autorizzati progetti che aumentano la pressione antropica e l'impatto sui territori e sulle matrici ambientali nonchè sulla salute.

Art.14 comma 5 lettera c). Nell'attuazione dei piani di monitoraggio si dove risolvere il problema della validazione dei dati in contraddittorio con enti pubblici di riferimento, se svolti da privati (come già avviene nel campo delle bonifiche).

Art.14 comma 6. La durata del provvedimento di V.I.A., che oggi è di 5 anni, verrà stabilita di volta in volta nel Decreto, anche su proposta del proponente. Quello che notiamo è che viene posto un termine minimo di durata (almeno 3 anni) ma non uno massimo. Anche questa è una norma potenzialmente a rischio di aumentare la corruzione negli enti pubblici, in quanto ovviamente ci sarà una forte pressione del proponente sui funzionari/commissari per avere una durata più lung possibile al fine di qavere un titolo spendibile per molto tempo; dall'altro i funzionari pubblici avranno ampia - troppa - discrezionalità.

Va inserito:

a) un limite massimo;

b) che la proposta del proponente sia inserita tra le informazioni pubbliche fin dall'inizio (Studio di Impatto Ambientale) per poter avere un contradditorio su questo aspetto con il pubblico affinché la decisione dell'autorità competente sia equilibrata.

Sempre su questo comma, visto che si prevede anche l'ulteriore possibilità di chiedere proroghe da parte del proponente, assicurando ulteriore "flessibilità" al titolo autorizzativo, deve essere assolutamente precisato che:

a) la richiesta deve pervenire prima della scadenza;

b) che la richiesta sia pubblicata sul sito WEB dell'Autorità competente;

c) che la decisione sia presa prima della scadenza;

d) che siano controdedotte eventuali osservazioni giunte.

Art.16 comma 1. Si prevede l'introduzione del provvedimento unico ambientale (V.I.A. + altre autorizzazioni) ma solo per le procedure statali. Come mai?
La conferenza di servizi per la V.I.A. statale verrebbe indetta quando sia il proponente, e cioè colui che è chiamato a sottoporre il suo progetto a V.I.A., a richiederlo perché tenuto ad avere più autorizzazioni. In questo caso, il provvedimento V.I.A. sarà parte di un “provvedimento unico in materia ambientale”, da adottare in conferenza di servizi, secondo la forma simultanea e in modalità sincrona. Questa soluzione risponderà pure ad una esigenza di snellimento del procedimento, ma pare poco garantista della tutela degli interessi coinvolti e non del tutto conforme a quanto richiesto dalla legge delega in ordine alla necessità che si proceda al “coordinamento e all’integrazione con le altre procedure”.

Art.16 comma 2. Tra i procedimenti/autorizzazioni che possono essere introdotti nel provvedimento unico manca il riferimento alla V.INC.A. nonostante sia richiamata nel successivo comma 6.

Art.16 comma 2. Il termine previsto per le osservazioni da parte del pubblico interessato è sempre di 60 giorni. Il che pare irragionevole, in quanto, in questa evenienza, il pubblico interessato dovrebbe avere maggiore tempo per esprimersi su V.I.A., valutazione di incidenza, ove prevista, e autorizzazione integrata ambientale.

Art.16 comma 7. Anche in questo caso vi è la necessità di porre un limite alla reiterazione delle pubblicazioni (massimo: prima pubblicazione e una ripubblicazione).

Art.17

OSSERVAZIONE GENERALE: Questo articolo che riguarda i monitoraggi di grandi progetti si segnala per essere estremamente carente e povero di contenuti nonostante la delicatezza della questione.

Art.17 comma 2. Si prevede la pubblicazione sul sito WEB dell'autorità competente delle verifiche di ottemperanza. Però solo quelle con esito positivo!

Art.17 comma 3. Il proponente invia i dati e le informazioni sull'ottemperanza alle prescrizioni e l'autorità si esprime entro trenta giorni. Qui:

a) anche in ottemperanza al D.lgs.195/2005 sulla trasparenza dei dati ambientali e, in particolare, dell'Art.8 comma 3 lettera e) di quelli dei monitoraggi, i dati devono essere pubblicati sul sito WEB delle autorità che ne vengono in possesso;

b) tale pubblicazione a nostro avviso deve avvenire prima che venga presa la decisione sull'ottemperanza, anche sulla base di quanto prescritto dall'art.6 della Convenzione di Aarhus anche per dare la possibilità del contraddittorio a chi potrebbe subire gli effetti delle attività autorizzate;

c) ritorna il problema della validazione dei dati.

Art.17 comma 5.  In caso di verifica dell'ottemperanza negativa si prevede solo lo strumento della Diffida ad adempiere "entro un congruo termine". Si vedono "ictu oculi" le carenze e i limiti di tale previsione: a)cosa accade se un'inottemperanza sta causando gravissimi problemi ambientali o addirittura sanitari? Ad esempio, sulle emissioni che possono causare danni alla salute, si darà la possibilità per tot mesi o addirittura anni per mettersi in regola?

b) anche in questo caso è una norma a forte rischio per gli aspetti corruttivi in quanto ci sarà una fortissima pressione da parte del proponente ad avere diffide con termine temporale lunghissimo per mettersi in regola; dall'altro lato ci saranno i funzionari pubblici che avranno un amplissimo potere discrezionale; 
c) non è prevista alcuna trasparenza e pubblicità sia per il provvedimento di ottemperanza negativa sia per la diffida;
d) non è previsto nulla rispetto al fatto che alcune inottemperanze possono costituire reato;
e) vi è una incoerenza con il successivo art.18 comma 2.





Art.17 comma 6. In caso di impatti imprevisti o superiori a quelli previsti si può modificare il provvedimento di V.I.A. per introdurre altre prescrizioni. È una previsione già esistente nell'attuale D.lgs.152/2006 ma poco o per nulla praticata per il semplice fatto che i monitoraggi il Ministero ma non li ha mai assicurati (se non, per alcuni casi, solo recentemente) e non li ha mai pubblicati. Quindi questa previsione è rimasta in larga parte sulla carta.

Riteniamo che per funzionare realmente e concretamente, oltre a quanto detto sopra (pubblicità dei dati; possibilità di contraddittorio; validazione ecc.) si debba:

a) specificare meglio la procedura e i vari passaggi (tempi; competenze);

b) le informazioni devono poter esser acquisite non solo dal proponente o da non meglio precisati "soggetti competenti in materia ambientale" ma dal pubblico in generale, visto che spesso anche singoli cittadini hanno dimostrato di conoscere molto meglio degli enti pubblici le problematiche ambientali reali di impianti e progetti;

c) le segnalazioni di cui al punto b), dopo un primo vaglio generale sull'attendibilità e la congruità delle osservazioni, devono essere riscontrate da parte dell'autorità competente;

d) devono essere precisati i tempi e le modalità di trasparenza, con pubblicazione delle informazioni che accertano un grado di maggiore impatto del progetto, anche sulla base delle previsioni di cui all'Art.8 del D.lgs.195/2005 (si veda anche il punto successivo).

Art.17 comma 8. Si parla dei monitoraggi e della loro diffusione tramite il WEB. Questa previsione è già da tempo nel Dlgs.152/2006 ma finora lo stesso Ministero dell'Ambiente è stato largamente inadempiente pubblicando i dati dei monitoraggi per pochissimi progetti (meno di 10 sulle centinaia di interventi autorizzati). Le regioni sono completamente inadempienti. Questo vuol dire che vi è inadempienza anche rispetto all'Art.8 comma 3 del D.lgs.195/2005. Pertanto devono essere previste forme stringenti per la pubblicazione dei dati con sanzioni nei confronti dei funzionari.

Art.17 comma 8. Sempre sulla pubblicazione dei monitoraggi ad un certo punto c'è l'inciso "ove prescritti". Questo confligge con la previsione dell'Art.11 comma 3 (contenuti dello studio di impatto ambientale) che al punto e) rende obbligatoria la presentazione del progetto di monitoraggio che, ovviamente, viene approvato assieme al progetto e deve quindi essere realizzato. Qui possono essere previste ulteriori prescrizioni da parte dell'Autorità competente che si aggiungono al progetto di monitoraggio depositato dal proponente, ma ovviamente devono essere eseguiti entrambi.

Art.18

OSSERVAZIONE GENERALE: Questo articolo, sul sistema sanzionatorio, contiene numerose norme illegittime e chiaramente anti-costituzionali (diremmo per alcuni aspetti, anche  eversive)  ponendosi  in chiaro conflitto anche con la Direttiva comunitaria.

Art.18 comma 1 lettera c) Non vi è alcun riferimento all'eventuale revoca del "provvedimento unico ambientale" ma solo alla V.A. o alla V.I.A..

Art.18 comma 3. Si introduce la possibilità di V.I.A. "in sanatoria" diffusa, cioè per i progetti avviati o anche realizzati senza V.I.A. si potrà sempre accedere ad una sanatoria, anche "postuma". Tale possibilità di V.I.A. in sanatoria postuma e generalizzata, assieme alle ridicole sanzioni (da 35.000 euro al massimo di 100.000 per progetti che possono valere miliardi di euro), si pone in frontale contrasto con la granitica giurisprudenza delle corti italiane sul carattere preventivo della V.I.A. nonchè con quella della Corte di Giustizia Europea che ha detto chiaramente che la V.I.A. "in sanatoria" può esistere solo eccezionalmente (in realtà in alcune sentenze pare escluderla per i progetti già realizzati) e comunque non deve portare ad una sostanziale disapplicazione della Direttiva comunitaria. Ma non è finita! Addirittura, per avviare la procedura in sanatoria una volta scoperto il problema, l'autorità assegna "un termine all'interessato" senza specificare il termine massimo. Un'autorità potrebbe dare anche 10 anni di tempo per avviare la procedura. Inoltre, e qui siamo ad una palese illegittimità, con una norma chiaramente a fortissimo rischio di peggiorare il livello di corruzione presente nel paese (basti pensare alla cave, agli impianti di rifiuti ecc.), si lascia la discrezionalità ai funzionari (in assenza anche di elementi tecnici, visto che mancando proprio la V.I.A. vengono meno le conoscenze sugli impatti!) di permettere ai cantieri e alle attività di continuare ad operare come se nulla fosse! Non basta. Appare eversiva dello Stato di Diritto la previsione che la prosecuzione dei cantieri possa avvenire anche in presenza di provvedimento dell'autorità giudiziaria di annullamento della V.I.A. oppure di provvedimenti di annullamento in autotutela da parte dell'autorità competente dello stesso parere V.I.A.. Tra l'altro, anche nell'ipotetica V.I.A. postuma negativa (e viene da chiedersi in quali casi si potrebbe avere!), si parla esclusivamente di ripristino dello Stato dei luoghi senza alcuna parola sul risarcimento degli eventuali danni che nel frattempo possono essere stati prodotti, anche sotto l'aspetto sanzionatorio. Anche in questo caso vi è un pieno contrasto con le previsioni della Direttiva comunitaria che prevedono una progressività e una proporzionalità, principi qui totalmente disattesi.

A peggiorare, se possibile, ulteriormente il quadro, si rileva che le previsioni di questo articolo si applicano anche al Procedimento unico, ("senza la previa sottoposizione al procedimento di verifica di assoggettabilità a V.I.A., al procedimento di V.I.A. ovvero al procedimento unico di cui..."). Pertanto si apre la strada a sanatorie a tutti gli altri provvedimenti di carattere ambientale (V.INC.A; A.I.A., vincolo idrogeologico ecc.). Tutto il comma va, chiaramente, cancellato.

Art.18 comma 4. Le sanzioni sono ridicole (massimo 100.000 euro) rispetto al valore dei progetti che può superare il miliardo di euro. Pertanto viene meno qualsiasi potenzialità dissuasiva nonchè la progressività richiesta dlala Direttiva comunitaria.

Art.22 comma. 5 Nei contenuti dello Studio Preliminare Ambientale, al punto 3) non vi è alcun riferimento ai potenziali impatti sul patrimonio culturale nonchè sulla salute.

Art.23 comma 1. Per come è stato scritto il comma alcuni progetti attualmente in V.I.A. possono "traslare" alla Verifica di Assoggettabilità, così come possono passare dalla competenza regionale a quella nazionale durante il procedimento. Si pone anche il problema di progetti che hanno già concluso la fase di verifica di Assoggettabilità con rinvio alla V.I.A. avendo l'autorità attualmente competente valutato l'esistenza di potenziali impatti negativi. Cosa accadrebbe per questi progetti? Potrebbero accedere alla normativa più favorevole ritornando alla V.A., magari passando dalla competenza regionale a quella nazionale in palese violazione della Direttiva comunitaria, in quanto un'autorità ha già verificato l'esistenza di potenziali impatti?

Art.25 comma 6. Si prevedono delle Linee guida, emanate con Decreto dal Ministro dello Sviluppo Economico di concerto con il Ministero dell'Ambiente che aprono la strada alla permanenza sine die delle piattaforme in mare e di tutte le infrastrutture connesse come gasdotti ed oleodotti (solo questi sono centinaia di km di tubazioni). E' ovviamente del tutto inaccettabile perchè viene meno il dovuto ed obbligatorio smantellamento delle strutture che, peraltro, sono responsabili di rilascio in mare di sostanze che possono essere impattanti.


ALTRE AGGIUNTE E MODIFICHE AGLI ALLEGATI


Categorie per V.I.A. nazionale

Alla V.I.A. nazionale hanno aggiunto alcune categorie progettuali finora non previste sulla base delle nuove indicazioni della direttiva:

  • attività di ricerca e coltivazione di risorse geotermiche in mare;
  • condutture per il trasporto dei flussi di biossido di carbonio (CO2) ai fini dello stoccaggio geologico, comprese le relative stazioni di spinta;
  • Impianti per la cattura di flussi di CO2 provenienti da impianti che rientrano nell'allegato III (NOTA: impianti che fanno la V.I.A. di competenza regionale);



Categorie per V.I.A. regionale

Hanno aggiunto alle competenze per la V.I.A. regionale questa categoria progettuale:-impianti eolici per la produzione di energia elettrica sulla terraferma con potenza complessiva superiore a 1 Mw (NOTA: e inferiore a 30 MW, che fanno la V.I.A. nazionale), qualora disposto all'esito della verifica di assoggettabilità di cui all'articolo 19.


SEGRETERIA DEGLI ADERENTI DOVE INVIARE EVENTUALE DOCUMENTAZIONE:



Forum Italiano dei Movimenti per l'Acqua - Ass. Acqua Bene Comune, Via S. Ambrogio 4, 00186 Roma
E-MAIL:
PEC:
INFO:
3683188739, 3295315090





1. PRIME ADESIONI: Forum Italiano Movimenti per l'Acqua, Coordinamento Nazionale No Triv, Associazione Mediterranea per la Natura Onlus, Gruppo d'Intervento Giuridico Onlus, Rete Nazionale No Geotermia Elettrica Speculativa ed Inquinante, Associazioni Antimafie " Rita Atria", Peacelink, Nuovo Senso Civico Onlus, Altura, Coordinamento Comitati Ambientalisti Lombardia, Comitato No Gasaran, Collettivo Altrementi Valle Peligna, LIPU Abruzzo, Comitato Spontaneo Amici del Tarinè CAST (Comitato Ambiente Salute e Territorio), Associazione Ambiente e Salute nel Piceno , Abruzzo Beni Comuni, Comitati Cittadini per l'Ambiente di Sulmona, Ass. Pescara Punto Zero, Forum Abruzzese Movimenti per l'Acqua, Stazione Ornitologica Abruzzese Onlus, “A.D.A.S.C.” – Associazione per la Difesa dell’Ambiente e della Salute dei Cittadini (Milazzo), Ecoistituto del Veneto Alex Langer, Movimento dei Consumatori, AmicoAlbero, Comitato contro lo Stoccaggio "Poggiofiorito", Coordinamento Comitati "No Elettrodotto Villanova - Gissi -  Foggia", Comitato  No  Powercrop,  Associazione  Salviamo  L'Orso, Circolo Valorizzazione Terre Pubbliche, Comitato "La Difesa", Comitato No Inceneritore Val di Sangro, Salviamo La Piana, Associazione "I Cittadini" di Villafranca Tirrena, VeneziaAmbiente, Comitato Opzione Zero, Orsa ProNatura, Tavolo di lavoro provinciale Basta Veleni di Brescia, Confederazione Cobas PE-CH, sezione Italia Nostra di Pescara, Coordinamento ligure Gestione corretta Rifiuti, Assemblea macroregionale  Nord-Ovest  del  Forum  Italiano  dei movimenti per l'acqua, Comitato Savonese Acqua Bene Comune, il Coordinamento Ligure dei Movimenti per l'Acqua, Casa dei Circoli, Culture e Popoli di Ceriale, Gruppo Missione Alem Napoli OdV, Associazione culturale INFO IRPINIA, Comitato  Cavese  Acqua  Pubblica,  Coordinamento  Campano  per  la Gestione Pubblica dell'Acqua, rete TRIVELLE ZERO - Marche, Assotziu Consumadoris Sardigna - Onlus, Rete di Cittadinanza e Comunità, Associazione V.A.S. per il Vulture Alto Bradano, Associazione Intercomunale Lucania (A.I.L.), Coordinamento locale del Forum SiP per il Vulture Alto Bradano, Comitato No MUOS Piazza Armerina, Comitato acqua bene Valle Telesina (BN), Comitato acqua pubblica Torino, sezione Italia Nostra di Città Sant’Angelo, Associazione Sardegna Pulita, Associazione "Anagni Viva", Comitato Interregionale No Tubo Umbria e Marche, Comitato DNT di Carpignano Sesia (NO), Ass. "Consulta dell'Ambiente di Piedimonte San Germano", Ass. "Fare Verde Onlus - Nucleo Operativo di Cassino", Ass. "Frosinone Bella e Brutta", Ass. "Diritto alla Salute Onlus", Soc. Coop. "CO.FI.LE.", Ass. "Salviamo il Paesaggio - Coord. di Frosinone", Ass. "Frosinone in Movimento", Coordinamento Provinciale dei Comitati Salute e Ambiente - Reggio Emilia, Comitato dei cittadini contro l'inceneritore del mela, Comitato Territoriale Messina Zona Tirrenica del Forum Salviamo il Paesaggio, Osservatorio Molisano Legalità, " Comitato 2SI per l'acqua bene comune della provincia di Pavia ", Forum Beni Comuni, Legalità Diritti del Ponente Savonese, Confederazione Sovranità Popolare, Italia Nostra - sezione di Lanciano, "Mamme per la Vita Onlus", Fondazione " Lorenzo Milani" ONLUS Termoli, Italia Nostra, sezione Vasto (CH), A.N.P.I. di Salerno, Associazione “Città della Gioia Onlus” di Napoli, Anpi Vigevano, Organizzazione territoriale l'ONDAVERDE ONLUS di Falconara Marittima (AN), Associazione “Impatto EcoSostenibile – Zero Waste Campania, Italia Nostra sezione di L’Aquila, sezione Abruzzo di Italia Nostra, MeetUp "A riveder le stelle - cittadini attivi Ravenna", Zero Waste Sicilia, Associazione Dalla Parte dell'Orso, Archeoclub Pescara, Comitato per l'Acqua Bene Comune della Provincia di Varese, Comitato Cittadino "No impianto di trattamento fanghi" Canosa Sannita (Ch), Associazione per la tutela Ambientale della Versilia, Coordinamento ambientale Milazzo- Valle del Mela, Comitato Risanamento Ambientale CRA, (Area Nord-Est della Provincia di Roma), Associazione Terraviva, Zona22, Uallòuallà, USB Lanciano, CDCA Abruzzo, Associazione A Sud Onlus, Associazione Articolo 9, Associazione VAS (Verdi Ambiente e Società) circolo "Giovanni Esposito " Vico Equense - Costiera Sorrentina (Na), Comitato ABC Cava de' Tirreni, Italia Nostra Salerno, Coordinamento delle Associazioni del Comprensorio flegreo-giuglianese, Associazione di tutela ambientale ed azione civica - Movimento Ecologista, Cobas- Confederazione dei Comitati di Base, Comitato provinciale comasco acqua pubblica, Comitato promotore del Parco archeologico ambientale dell'antica cava del Barco, dell area dei Travertini e delle acque albule, Comitato Popolare "Lasciateci respirare" di Monselice (PD), Comitato Acqua Bene Comune Valle dell'Aniene, Adiconsum Abruzzo, Cittadinanza Attiva Imola, Comitato No Megacentrale Guspini (Sardegna), ARCI Puglia., Medicina Democratica - Movimento di lotta per la salute Onlus, "Osservatorio Peppino Impastato" di Frosinone, Associazione “Mamme per la Salute e l’Ambiente Onlus” di Venafro

Nessun commento:

Posta un commento